Ricorso Inammissibile in Cassazione: L’Errore che Costa Caro
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è un passo delicato che richiede il rispetto di rigide regole procedurali. Un recente provvedimento, l’ordinanza n. 23692/2024, evidenzia come un errore formale possa portare a un ricorso inammissibile, con conseguenze economiche significative per il proponente. L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’appello alla massima Corte deve essere redatto e sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.
I Fatti alla Base della Decisione
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore. L’aspetto cruciale della vicenda non risiede nel merito della questione, ma nella modalità di presentazione dell’atto: il ricorso è stato redatto e proposto personalmente dall’imputato, senza l’assistenza e la firma di un difensore qualificato.
Questo dettaglio, apparentemente secondario, si è rivelato fatale per le sorti dell’impugnazione, attivando una specifica norma del codice di procedura penale che sanziona tale vizio con la declaratoria di inammissibilità.
La Normativa di Riferimento per il Ricorso
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sull’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale. Questa disposizione, così come modificata dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’), stabilisce che il ricorso per cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. La ratio della norma è garantire un elevato livello di competenza tecnica nel giudizio di legittimità, che si concentra su questioni di diritto e non sul riesame dei fatti.
Le Motivazioni della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile de plano, ovvero senza neppure entrare nel merito della questione, attraverso una procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. I giudici hanno rilevato che sia la sentenza impugnata sia il ricorso erano successivi all’entrata in vigore della legge n. 103/2017, rendendo pienamente applicabile il requisito della sottoscrizione da parte di un avvocato cassazionista.
La mancanza di tale firma costituisce un vizio insanabile che impedisce al giudice di esaminare le ragioni dell’appellante. La Corte ha inoltre sottolineato che la presentazione di un ricorso in queste condizioni denota un profilo di colpa, come stabilito da una precedente pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000), giustificando l’imposizione di una sanzione economica.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione si conclude con due conseguenze dirette per il ricorrente, in applicazione dell’art. 616 c.p.p.:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questo caso serve da monito sull’importanza di affidarsi sempre a un difensore specializzato, specialmente per i gradi più alti di giudizio. La firma personale dell’imputato, valida in altre fasi del procedimento, diventa un errore fatale davanti alla Corte di Cassazione, trasformando un tentativo di far valere le proprie ragioni in un’ulteriore condanna economica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto personalmente dall’imputato e non sottoscritto da un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale.
Qual è il requisito fondamentale per presentare un ricorso in Cassazione in materia penale?
Dopo l’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, il requisito fondamentale è che l’atto di ricorso sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori. La firma personale dell’imputato o di un avvocato non abilitato comporta l’inammissibilità del ricorso.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, ritenuta congrua dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23692 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23692 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DELLA RAGIONE COGNOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2024 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Considerato che il ricorso è stato proposto personalmente da NOME COGNOME avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di rito dal Tribunale di Nocera Inferiore il giorno 19 gennaio 2024 e che sia il provvedimento che il ricorso son successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricorso dell’imputato (e quindi anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Co cassazione (art. 613, comma 1, cod. proc. pen.);
Ritenuto che il ricorso deve essere, per tali ragioni, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione dei ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.