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Ricorso inammissibile: quando si pagano le spese

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, ribadendo che una pena concordata non può essere modificata unilateralmente. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro alla Cassa delle ammende, poiché l’impugnazione è stata presentata con colpa.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze Economiche per l’Imputato

Quando un procedimento penale giunge a una conclusione, le parti hanno la possibilità di impugnare la decisione. Tuttavia, questa facoltà deve essere esercitata nel rispetto di precise regole procedurali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha chiarito le conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando questo tenta di modificare una pena già concordata. La decisione sottolinea che l’impugnazione non è priva di rischi economici, comportando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’oggetto del contendere era legato alla misura della pena, che era stata precedentemente concordata tra le parti e ratificata dal giudice. L’imputato, evidentemente insoddisfatto dell’accordo raggiunto, ha tentato di rimetterlo in discussione presentando ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato seccamente le pretese del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il negozio giuridico della pena concordata (noto come ‘patteggiamento’), una volta liberamente stipulato tra le parti e formalizzato in una decisione giudiziaria, non può essere modificato unilateralmente in un secondo momento.

L’accordo sulla pena è un patto che vincola sia l’accusa che la difesa. Ammettere la possibilità di rimetterlo in discussione a piacimento di una sola delle parti minerebbe la stabilità delle decisioni giudiziarie e la stessa funzione deflattiva dell’istituto. L’unica eccezione contemplata è l’ipotesi di illegalità della pena stessa, circostanza non ravvisata nel caso di specie.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale. La dichiarazione di inammissibilità non è una mera formalità, ma porta con sé conseguenze ben precise. La prima è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La seconda, più afflittiva, è il versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Questa sanzione aggiuntiva si giustifica perché si presume che il ricorso sia stato proposto ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, come stabilito dalla Corte Costituzionale (sent. n. 186 del 2000). In altre parole, chi presenta un ricorso palesemente infondato o privo dei requisiti di legge agisce con colpa e deve sopportarne le conseguenze economiche, per evitare un uso strumentale e dilatorio del sistema giudiziario.

Conclusioni

La pronuncia in esame riafferma con forza due principi fondamentali. Primo, la stabilità e l’intangibilità della pena concordata, che non può essere messa in discussione se non per vizi di legalità. Secondo, il principio di responsabilità processuale: impugnare una decisione giudiziaria non è un’azione priva di conseguenze. Un ricorso inammissibile può costare caro, aggiungendo alla condanna principale anche le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria. Questa decisione serve da monito contro i ricorsi pretestuosi, tutelando l’efficienza della giustizia e la certezza del diritto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base alla decisione, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

È possibile modificare unilateralmente una pena già concordata tra le parti e il giudice?
No, l’ordinanza stabilisce chiaramente che il ‘negozio processuale’ della pena concordata, una volta definito e recepito nella decisione del giudice, non può essere modificato unilateralmente da una delle parti, salvo il caso di manifesta illegalità della pena stessa.

Perché il ricorrente deve pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Perché, come specificato nel provvedimento, si ritiene che chi propone un ricorso inammissibile lo faccia ‘versando in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, ovvero presentando un’impugnazione senza valide ragioni legali. La sanzione ha quindi una funzione deterrente contro l’abuso del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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