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Ricorso inammissibile: quando si applica il 344-bis?

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, chiarendo i limiti temporali di applicazione della norma sull’improcedibilità (art. 344-bis c.p.p.). La Corte ha stabilito che la norma si applica solo ai reati commessi dal 1° gennaio 2020. Inoltre, ha ribadito la necessità di specificità nei motivi di ricorso, sanzionando la genericità delle doglianze con l’inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: i Limiti di Applicazione dell’Improcedibilità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali in materia di impugnazioni penali, dichiarando un ricorso inammissibile per due motivi distinti ma ugualmente importanti: l’errata applicazione di una norma processuale e la genericità dei motivi di doglianza. Questa decisione offre spunti cruciali sull’importanza del rigore formale e della corretta interpretazione normativa nella redazione degli atti di impugnazione.

I Fatti del Caso

Una persona imputata proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. I motivi di ricorso erano principalmente due: in primo luogo, si lamentava il mancato proscioglimento per l’intervenuta improcedibilità ai sensi dell’art. 344-bis del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia. In secondo luogo, si sollevava una questione relativa all’intervenuta prescrizione del reato.

La difesa sosteneva che i termini massimi di durata del processo d’appello fossero stati superati, invocando una norma che, tuttavia, come vedremo, non era applicabile al caso di specie. L’altro motivo, invece, mirava a ottenere l’estinzione del reato per il decorso del tempo.

L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, ritenendoli manifestamente infondati e generici, giungendo a una declaratoria di ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti procedurali distinti.

L’Errata Applicazione dell’Art. 344-bis c.p.p.

Il primo motivo è stato considerato manifestamente infondato perché basato su un “errato presupposto normativo”. La Corte ha chiarito che la disciplina dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione, prevista dall’art. 344-bis, non ha applicazione retroattiva indiscriminata.

La legge istitutiva (L. n. 134/2021) specifica chiaramente, all’art. 2, comma 3, che tale disposizione si applica unicamente ai procedimenti di impugnazione relativi a reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020. Poiché nel caso di specie il reato era stato commesso prima di tale data, la norma non poteva essere invocata. Questo errore nell’individuazione del campo di applicazione temporale della legge ha reso il motivo privo di qualsiasi fondamento giuridico.

La Genericità del Motivo sulla Prescrizione

Il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 581 del codice di procedura penale. Questa norma impone che i motivi di impugnazione siano specifici e autosufficienti, ovvero devono contenere l’indicazione precisa delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che li sostengono.

La Corte ha rilevato che le doglianze dell’imputata erano generiche, prive di un’adeguata argomentazione e non supportate dai necessari riferimenti fattuali e giuridici. Un ricorso, per essere ammissibile, non può limitarsi a enunciare una tesi, ma deve fornire alla Corte tutti gli elementi per poterla valutare compiutamente, senza la necessità di ricercare autonomamente atti o informazioni altrove.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri del diritto processuale penale. In primo luogo, il principio tempus regit actum e le norme transitorie che regolano l’applicazione delle nuove leggi, come nel caso dell’art. 344-bis. Un’errata interpretazione della disciplina transitoria rende il motivo di ricorso manifestamente infondato.

In secondo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso, che ha lo scopo di garantire la serietà dell’impugnazione e di consentire al giudice di concentrarsi sulle questioni effettivamente devolute. La presentazione di motivi generici o meramente assertivi costituisce un abuso dello strumento processuale e conduce inevitabilmente a una pronuncia di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza serve da monito sull’importanza della precisione tecnica nella redazione degli atti giudiziari. L’esito di un ricorso dipende non solo dalla fondatezza delle ragioni nel merito, ma anche e soprattutto dal rispetto rigoroso delle regole procedurali. L’invocazione di norme non pertinenti al caso concreto o la formulazione di censure vaghe non solo pregiudicano le possibilità di successo, ma espongono il ricorrente a conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Quando si applica la norma sull’improcedibilità per eccessiva durata dell’appello (art. 344-bis c.p.p.)?
Sulla base di quanto stabilito dalla Legge n. 134 del 2021, la norma si applica esclusivamente ai procedimenti di impugnazione che riguardano reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020.

Perché un motivo di ricorso sulla prescrizione può essere dichiarato inammissibile?
Un motivo di ricorso sulla prescrizione viene dichiarato inammissibile se è formulato in modo generico e non rispetta i requisiti di specificità e autosufficienza previsti dall’art. 581 del codice di procedura penale, ovvero se non indica chiaramente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a suo sostegno.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso specifico, pari a tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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