Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce la Prevalenza sulla Rinuncia
L’ordinanza n. 4394/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione delle impugnazioni in ambito penale. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: un ricorso inammissibile non può essere “salvato” da una successiva rinuncia. Questa decisione sottolinea le gravi conseguenze per chi presenta un appello senza i requisiti di legge, anche se in un secondo momento tenta di fare marcia indietro. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello di Genova. La ricorrente contestava la decisione dei giudici di merito, in particolare lamentando la mancata applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale, relativo alla particolare tenuità del fatto. Durante il procedimento in Cassazione, è pervenuta una dichiarazione di rinuncia al ricorso da parte della difesa.
La Decisione della Corte di Cassazione: il ricorso inammissibile
Nonostante la rinuncia, la Suprema Corte ha proceduto all’analisi preliminare del ricorso, giungendo a una conclusione netta: il ricorso era originariamente viziato e, pertanto, doveva essere dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la Corte ha condannato la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La rinuncia, in questo contesto, non ha prodotto alcun effetto favorevole per l’imputata.
Le Motivazioni della Sentenza
La decisione della Cassazione si fonda su argomentazioni giuridiche precise e consolidate. Vediamo i punti chiave della motivazione.
Il primo motivo di inammissibilità riguarda la natura stessa del ricorso. I giudici hanno evidenziato come il motivo proposto fosse del tutto generico e, soprattutto, teso a sollecitare una rivalutazione delle prove. Tale richiesta è estranea al giudizio di legittimità, che è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e non può estendersi a un nuovo esame dei fatti. Inoltre, il ricorso era meramente riproduttivo di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.
Il secondo e cruciale punto è il rapporto tra inammissibilità e rinuncia. La Corte ha ribadito un principio consolidato (richiamando la sentenza n. 27923 del 2018): l’inammissibilità originaria del ricorso prevale sempre sulla rinuncia successiva. Questo perché la rinuncia è un atto che presuppone l’esistenza di un rapporto processuale validamente instaurato. Se il ricorso è ab origine inammissibile, tale rapporto non si costituisce validamente e, quindi, non c’è nulla a cui si possa efficacemente rinunciare per evitare le conseguenze negative. La rinuncia, definita anch’essa “del tutto generica”, non ha potuto sanare il vizio iniziale.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza serve da monito: la presentazione di un ricorso in Cassazione è un’attività che richiede rigore e non ammette motivi generici o puramente dilatori. Un ricorso inammissibile comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, quali la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Il tentativo di ritirare l’impugnazione con una rinuncia tardiva non è una via d’uscita se l’atto introduttivo era viziato in partenza. Gli avvocati e i loro assistiti devono quindi valutare con estrema attenzione l’effettiva fondatezza e specificità dei motivi prima di adire la Suprema Corte, per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità e nelle relative sanzioni.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Una rinuncia al ricorso può evitare la condanna alle spese in caso di inammissibilità?
No. Secondo questa ordinanza, se il ricorso presenta vizi che lo rendono inammissibile sin dall’origine, questa condizione prevale sulla rinuncia presentata successivamente. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta dell’inammissibilità iniziale.
Perché il ricorso è stato considerato generico?
Il ricorso è stato ritenuto generico perché non presentava critiche specifiche alla sentenza impugnata, ma si limitava a chiedere una nuova valutazione delle prove e a riproporre argomenti già correttamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4394 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4394 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché il motivo proposto, con cui la ricorrente ha censurato la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., oltre ad essere del tutto generico, è teso a sollecitare una rivalutazione delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, ed è meramente riproduttivo di profili di doglianze già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte del merito a pagina 2 della sentenza impugnata;
rilevato che è pervenuta rinuncia al ricorso ma l’inammissibilità originaria del presente ricorso prevale sulla rinuncia all’impugnazione, che, come causa di inammissibilità sopravvenuta, presuppone in ogni caso la valida instaurazione del rapporto processuale a cui si intende rinunciare (Sez. 5, n. 27923 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273230 – 01);
rilevato, inoltre, che la rinuncia è del tutto generica, non essendo indicate le ragioni di essa;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186 del 2000) – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q.1111.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023