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Ricorso inammissibile: quando non si può riproporre

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile in quanto mera riproposizione di un’istanza già decisa con provvedimento irrevocabile. Il caso riguardava una richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato in fase esecutiva. La Corte ha ribadito che, in assenza di nuovi elementi di fatto o di diritto (il cosiddetto “novum”), non è possibile ottenere una nuova pronuncia sul medesimo oggetto, confermando la preclusione derivante dal giudicato. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Divieto di Ripetere Istanze Già Decise

Nel processo penale, soprattutto nella delicata fase dell’esecuzione della pena, il principio di definitività delle decisioni è fondamentale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza questo concetto, dichiarando un ricorso inammissibile perché rappresentava la semplice riproposizione di una questione già esaminata e decisa in via definitiva. Questa ordinanza offre uno spunto essenziale per comprendere quando e come opera il principio del ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa) nell’ambito dei procedimenti davanti al giudice dell’esecuzione.

Il Contesto del Ricorso e la Precedente Decisione

La vicenda trae origine dalla richiesta di un condannato volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in fase esecutiva. Questa istanza era già stata presentata in precedenza e respinta dal Tribunale con un’ordinanza. Contro tale decisione, l’interessato aveva proposto un primo ricorso per cassazione, che era stato a sua volta dichiarato inammissibile, rendendo così la decisione del Tribunale definitiva e irrevocabile.

Nonostante ciò, il condannato ha presentato una nuova istanza, di contenuto analogo, al giudice dell’esecuzione, il quale l’ha correttamente dichiarata inammissibile. Contro quest’ultima decisione è stato proposto il ricorso che ha dato origine al provvedimento in esame.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato il nuovo ricorso definendolo manifestamente infondato. Il fulcro della decisione si basa sull’applicazione dell’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale. Secondo questo principio consolidato, un provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto irrevocabile, preclude la possibilità di una nuova pronuncia sullo stesso petitum (oggetto della richiesta).

L’unico modo per superare questa preclusione è la presentazione di un novum, ovvero di elementi di fatto o questioni giuridiche nuove, sopravvenute o preesistenti, che non siano state oggetto della precedente valutazione. Nel caso di specie, il ricorrente non ha prospettato alcun novum. Al contrario, le sue argomentazioni si sono concentrate sulle ragioni processuali che avevano portato all’inammissibilità del precedente ricorso, senza comprendere che tale declaratoria non impedisce la formazione del giudicato sulla questione di merito.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, una volta divenuti formalmente irrevocabili, creano una barriera processuale a nuove pronunce sulla medesima richiesta. Questa barriera può essere superata solo se vengono introdotti elementi nuovi, sia in fatto che in diritto, che abbiano un significato sostanziale e non meramente formale. Nel caso analizzato, il ricorrente non ha fornito tali elementi, ma si è limitato a criticare il contenuto della precedente decisione e le ragioni dell’inammissibilità del primo ricorso, continuando di fatto a non rappresentare le ragioni per cui la nuova dichiarazione di inammissibilità sarebbe stata ingiusta. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto una mera riproposizione di questioni già coperte dal giudicato.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della cassa delle ammende. Tale condanna sanziona l’abuso dello strumento processuale, utilizzato per riproporre questioni già definite senza alcun fondamento giuridico nuovo. La pronuncia rafforza il principio di certezza del diritto e di definitività delle decisioni giudiziarie, anche nella fase cruciale dell’esecuzione penale.

È possibile presentare una nuova istanza al giudice dell’esecuzione dopo che una precedente, con lo stesso oggetto, è stata dichiarata inammissibile e la decisione è divenuta irrevocabile?
No, non è possibile a meno che non si prospettino elementi nuovi (un “novum”), cioè nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti o preesistenti, che non siano già stati oggetto di valutazione nella decisione precedente.

Cosa si intende per “novum” in questo contesto?
Per “novum” si intendono elementi che, per il loro significato sostanziale e non per una mera apparenza formale, possano realmente qualificarsi come nuove questioni giuridiche o nuovi fatti. Non basta cambiare la forma della richiesta; è necessario introdurre un contenuto realmente nuovo che non sia stato precedentemente esaminato dal giudice.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato manifestamente infondato?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, data la colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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