Ricorso inammissibile: Non si può contestare in Cassazione la misura della pena
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non è possibile presentare un ricorso in sede di legittimità con l’unico scopo di ottenere una riduzione della pena. Quando la critica si appunta sulla scelta discrezionale del giudice, senza denunciare un vero vizio logico-giuridico, il ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile, con ulteriori costi per il ricorrente.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello di Roma, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione. L’oggetto della sua doglianza non riguardava la ricostruzione dei fatti o la sua colpevolezza, bensì la quantificazione della pena, ritenuta eccessiva. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva ai giudici di legittimità una valutazione più mite e, di conseguenza, una sanzione inferiore.
La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha analizzato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Secondo la Corte, le argomentazioni presentate dalla difesa non configuravano un vizio di contraddittorietà o illogicità manifesta nella motivazione della sentenza d’appello. Piuttosto, il ricorso si limitava a contestare una “scelta di merito” del giudice, ovvero la sua valutazione discrezionale nel determinare la giusta pena per il caso concreto. Tale tipo di valutazione è preclusa al giudizio della Cassazione, che può intervenire solo su questioni di diritto (error in iudicando) o vizi procedurali (error in procedendo).
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato che il compito del giudice di legittimità non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il ricorso per cassazione è uno strumento per correggere errori di diritto, non per rivedere decisioni che, pur non condivise dall’imputato, sono state prese nell’ambito del potere discrezionale che la legge conferisce al giudice.
Nel caso specifico, la difesa aveva evidenziato alcuni passaggi della motivazione, ma ne aveva trascurati altri che, nel loro complesso, rendevano la decisione sulla pena del tutto logica e coerente. L’appello si traduceva, quindi, in una semplice richiesta di una pena più mite, profilo che, come sottolineato dai giudici, “non è consentito in questa sede”. L’inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei presupposti di legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza serve da monito: il ricorso alla Corte di Cassazione deve essere fondato su motivi di legittimità solidi e specifici. Impugnare una sentenza esclusivamente per contestare l’entità della pena, senza dimostrare che la decisione del giudice è viziata da palese illogicità, contraddittorietà o violazione di legge, è una strategia destinata al fallimento. Non solo non porta al risultato sperato, ma aggrava la posizione del condannato con ulteriori oneri economici. È fondamentale, quindi, che la difesa valuti attentamente i presupposti del ricorso per evitare di incappare in una declaratoria di inammissibilità.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza solo perché si ritiene la pena troppo alta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso è inammissibile se contesta unicamente la quantificazione della pena, in quanto si tratta di una “scelta di merito” del giudice e non di un vizio di legittimità che la Corte possa esaminare.
Cosa significa che un ricorso è “inammissibile”?
Significa che il ricorso non possiede i requisiti richiesti dalla legge per essere esaminato nel merito. Di conseguenza, la Corte non valuta le ragioni dell’appellante, ma si limita a respingere l’atto perché non è stato proposto correttamente o per i giusti motivi.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver inutilmente attivato la macchina della giustizia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18459 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18459 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CITTA DI CASTELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME in ordine alla quantificazione della pena è inammissibile siccome lungi dal rappresentare un vizio di contraddittorietà (atteso che i riferimenti motivazionali richiamati no contraddicono il trattamento sanzionatorio finale alla luce degli altri passaggi, puntualmente trascurati dalla difesa, della stessa motivazione) e piuttosto contesta una scelta di merito – profilo non consentito in questa sede – rivendicando una pena ancor più mite.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 26.1.2024