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Ricorso inammissibile: quando manca la specificità

Un individuo, condannato per truffa in appello, presenta ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione e una pena eccessiva. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile. Il primo motivo è ritenuto generico e non correlato alla decisione impugnata. Il secondo motivo, relativo alla pena, è inammissibile perché non sollevato nel precedente grado di giudizio, interrompendo la ‘catena devolutiva’.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sancisce l’Importanza della Specificità dei Motivi

L’ordinanza n. 22401/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla tecnica redazionale dei ricorsi, ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: la specificità dei motivi. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa per la difesa, ma comporta anche conseguenze economiche per l’imputato. Analizziamo questa decisione per comprendere perché la genericità delle censure e l’introduzione di nuove doglianze in Cassazione portano inevitabilmente a una pronuncia di inammissibilità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna per il delitto di truffa, emessa dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandolo a due principali motivi di doglianza. Con il primo, lamentava un presunto vizio di motivazione in merito alla valutazione delle prove che avevano fondato la sua condanna. Con il secondo, contestava l’eccessività della pena che gli era stata inflitta.

Il Ricorso Inammissibile e i Motivi della Cassazione

La Suprema Corte, senza entrare nel merito delle questioni, ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. La decisione si fonda su due distinti profili di criticità, uno per ciascun motivo di ricorso, che evidenziano errori procedurali insuperabili.

Il Vizio di Motivazione e la Mancanza di Specificità

Il primo motivo è stato giudicato privo di specificità. Secondo la Corte, l’imputato si era limitato a riproporre argomentazioni generiche in punto di fatto, le stesse già esaminate e respinte con motivazioni logiche e giuridicamente corrette dal giudice d’appello. La Cassazione ha sottolineato che, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, la mancanza di specificità deriva dalla ‘mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione’. In altre parole, non è sufficiente lamentare un errore, ma è necessario confrontarsi criticamente e puntualmente con la motivazione della sentenza che si intende contestare, evidenziandone le specifiche falle logiche o giuridiche.

L’Eccessività della Pena e la Violazione della Catena Devolutiva

Il secondo motivo, relativo alla presunta eccessività della pena, è incappato in un ostacolo ancora più netto. La Corte ha rilevato che tale doglianza non era mai stata sollevata come motivo di appello nel precedente grado di giudizio. Questo ha comportato un’interruzione della cosiddetta ‘catena devolutiva’, come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale. Tale principio impedisce di presentare per la prima volta in Cassazione motivi che avrebbero dovuto essere sottoposti all’esame della Corte d’Appello. La graduazione della pena, peraltro, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita sulla base dei criteri fissati dagli artt. 132 e 133 del codice penale.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è eminentemente processuale. La declaratoria di inammissibilità non significa che le ragioni dell’imputato fossero infondate nel merito, ma semplicemente che non sono state presentate nel modo e nei tempi corretti. Per il primo motivo, la Corte ha sanzionato la pigrizia argomentativa, che si è tradotta in una contestazione generica e non in una critica mirata. Per il secondo, ha applicato rigorosamente il principio devolutivo, che delimita l’ambito del giudizio di legittimità alle sole questioni già dibattute in appello.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito per ogni difensore. La redazione di un atto di impugnazione richiede uno studio approfondito della sentenza impugnata e la costruzione di censure specifiche, pertinenti e puntuali. Riproporre le medesime argomentazioni già respinte, senza attaccare il ragionamento del giudice che le ha disattese, equivale a presentare un ricorso sterile. Allo stesso modo, è fondamentale sollevare tutte le potenziali doglianze nel primo atto di appello utile, poiché il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove poter rimediare a precedenti omissioni. La sanzione, come in questo caso, è un ricorso inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Per quale motivo il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile per mancanza di specificità. Le argomentazioni erano generiche, riproponevano ragioni già discusse e respinte in appello e non si correlavano criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Perché la contestazione sull’eccessività della pena non è stata esaminata nel merito?
Perché non era stata presentata come motivo di appello nel precedente grado di giudizio. Ciò ha causato un’interruzione della ‘catena devolutiva’, rendendo la doglianza inammissibile in Cassazione, come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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