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Ricorso inammissibile: quando l’appello è ripetitivo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4483/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse censure già formulate e respinte nel precedente grado di giudizio. La Corte ha sottolineato che un’impugnazione, per essere valida, deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, non una mera ripetizione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Divieto di Appelli Ripetitivi

Nel complesso panorama della procedura penale, l’impugnazione rappresenta uno strumento fondamentale di garanzia. Tuttavia, il suo esercizio è subordinato al rispetto di precisi requisiti, la cui assenza può portare a una declaratoria di ricorso inammissibile. Con la recente ordinanza n. 4483 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine: un ricorso non può essere la semplice fotocopia delle doglianze già esposte e respinte in appello. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso Processuale

La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Firenze. Il ricorrente contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla sua condanna, cercando di rimettere in discussione il giudizio di responsabilità formulato nei suoi confronti.

Tuttavia, l’atto di impugnazione non ha superato il vaglio preliminare della Suprema Corte, la quale ha prontamente rilevato una criticità fatale nella sua struttura e nel suo contenuto.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La conseguenza di tale decisione non è stata solo la conferma della sentenza di condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di farsi carico delle spese del procedimento e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Una sanzione che la legge prevede proprio per scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione su argomentazioni nette e consolidate nella giurisprudenza, che meritano di essere approfondite.

La Pedissequa Reiterazione dei Motivi

Il primo e fondamentale rilievo della Corte riguarda la natura del ricorso. I giudici hanno constatato che i motivi presentati non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già dedotti davanti alla Corte di Appello. In altre parole, il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse identiche argomentazioni, senza tenere in alcun conto le risposte e le motivazioni con cui la Corte di merito le aveva già puntualmente respinte. Questo comportamento processuale svuota l’impugnazione della sua funzione essenziale, che è quella di criticare una decisione, non di ignorarla.

La Mancanza di Specificità e il concetto di ricorso inammissibile

Strettamente collegato al punto precedente è il difetto di specificità. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e mirata contro le specifiche ragioni della sentenza che si intende impugnare. Nel caso di specie, i motivi sono stati giudicati “non specifici ma soltanto apparenti”. Questo significa che, pur essendo formalmente esposti, essi non assolvevano alla loro funzione critica. Omettendo di confrontarsi con la motivazione della sentenza d’appello, il ricorso si è rivelato uno strumento sterile, incapace di innescare un reale vaglio di legittimità da parte della Cassazione.

L’Assenza di Vizi nella Sentenza Impugnata

Infine, la Corte ha specificato che la sentenza della Corte di Appello non presentava vizi logici o giuridici riconducibili alle categorie elencate nell’art. 606 del codice di procedura penale. In particolare, i giudici di merito avevano correttamente escluso la non punibilità del reato di falso per la presunta grossolanità del fatto, fornendo una motivazione adeguata e coerente che il ricorso non era riuscito a scalfire.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza della Cassazione funge da importante monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. La decisione sottolinea che il diritto di difesa e di impugnazione non può tradursi in un abuso dello strumento processuale. Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’analisi approfondita e critica della decisione precedente. È necessario costruire argomentazioni nuove o, quantomeno, capaci di dialogare criticamente con le motivazioni del giudice d’appello, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche. La mera riproposizione di vecchie doglianze non solo è inutile, ma espone al rischio concreto di una condanna a sanzioni pecuniarie, rendendo il ricorso inammissibile un esito tanto prevedibile quanto oneroso.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a una “pedissequa reiterazione” dei motivi già presentati e respinti in appello, senza formulare una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono ‘non specifici ma soltanto apparenti’?
Significa che i motivi, pur essendo formalmente presentati, non svolgono la funzione tipica di critica alla sentenza, ma si limitano a ripetere argomentazioni precedenti, omettendo di confrontarsi puntualmente con le ragioni della decisione di secondo grado.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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