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Ricorso inammissibile: quando l’appello è perso

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, originariamente proposto come appello contro una condanna a 150 euro di ammenda. Il gravame è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Tale decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma aggiuntiva di 3.000 euro.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Appello Errato

L’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve seguire regole procedurali precise. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre uno spunto cruciale per comprendere le conseguenze di un gravame presentato in modo non corretto, trasformando un tentativo di difesa in un costo aggiuntivo. L’analisi di questo caso evidenzia come un ricorso inammissibile non solo fallisca nel suo obiettivo, ma possa anche comportare sanzioni economiche significative per il proponente.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che condannava un imputato al pagamento di una ammenda di 150 euro. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di proporre appello avverso tale decisione. Tuttavia, la legge processuale penale (art. 593, co. 3, c.p.p.) stabilisce che le sentenze che applicano la sola pena dell’ammenda non sono appellabili.

Di conseguenza, l’impugnazione è stata correttamente trasmessa alla Corte di Cassazione, venendo qualificata come ricorso ai sensi dell’art. 606, co. 2, c.p.p. Qui, il difensore articolava due motivi di doglianza: l’erronea qualificazione giuridica del reato e l’eccessività della sanzione pecuniaria inflitta.

Analisi del ricorso inammissibile

Il cuore della questione risiede nella natura del ricorso presentato. Sebbene formalmente convertito in un ricorso per cassazione, il suo contenuto era quello di un atto di appello. Il ricorrente, infatti, non contestava una violazione di legge, ma sollecitava una rivalutazione degli elementi di fatto già esaminati e decisi dal giudice di primo grado. Questa operazione, tuttavia, è preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è unicamente quello di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche, non di riesaminare il merito della vicenda.

La questione della dosimetria della pena

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla presunta eccessività della pena, è stato ritenuto infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando il giudice irroga una pena al di sotto della media edittale. Nel caso specifico, il Tribunale aveva inflitto una pena pecuniaria modesta, pur avendo la possibilità di applicare una pena alternativa. La motivazione fornita è stata quindi giudicata sufficiente a giustificare la decisione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su due pilastri fondamentali. In primo luogo, il gravame era privo dei requisiti formali e sostanziali di un ricorso in sede di legittimità. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare i fatti è un errore procedurale che porta inevitabilmente all’inammissibilità.

In secondo luogo, la doglianza sulla sanzione è stata respinta perché la pena di 150 euro era chiaramente modesta e ben al di sotto della media prevista dalla legge, rendendo superflua una motivazione analitica da parte del giudice di merito. La decisione del Tribunale era, pertanto, immune da censure.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

La pronuncia in esame è un monito importante: impugnare una decisione giudiziaria richiede una strategia precisa e una profonda conoscenza delle regole processuali. Un ricorso inammissibile non è un tentativo a vuoto, ma un passo falso con conseguenze concrete. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., l’inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende. Questa sanzione viene applicata quando la parte ha proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. In sostanza, un’impugnazione proposta in modo palesemente infondato o irrituale si traduce in un aggravio economico significativo, trasformando una multa di 150 euro in un esborso di oltre 3.000 euro.

Quando un ricorso può essere dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, non contesta violazioni di legge ma sollecita una rivalutazione degli elementi di fatto già giudicati in primo grado, un’attività che esula dalle competenze del giudice di legittimità.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la determinazione della pena?
No, secondo la giurisprudenza costante richiamata nella decisione, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione quando il giudice irroga una pena al di sotto della media edittale, soprattutto se questa è di entità modesta come nel caso di specie.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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