Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dei Motivi d’Appello
Nel complesso mondo della procedura penale, l’esito di un’impugnazione dipende spesso dalla sua corretta impostazione. Un ricorso inammissibile rappresenta un ostacolo insormontabile, che impedisce al giudice di esaminare il merito della questione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un esempio lampante di come un ricorso, se non correttamente focalizzato sulla motivazione del provvedimento impugnato, sia destinato al fallimento, con conseguente spreco di tempo e risorse, oltre a sanzioni economiche per il ricorrente.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla richiesta di un condannato volta a ottenere lo scioglimento di un cumulo di pene. L’obiettivo era quello di poter accedere a eventuali benefici penitenziari. Tuttavia, la Corte d’Assise d’Appello competente dichiarava l’istanza inammissibile. La ragione? Non era la prima volta che tale richiesta veniva avanzata.
In precedenza, sia il Magistrato di Sorveglianza che il Tribunale di Sorveglianza avevano già respinto istanze identiche, bollandole come ‘mera riproposizione’ di una domanda già decisa, priva di nuovi elementi. Di fronte all’ennesimo diniego, il condannato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di ‘abnormità’ del provvedimento. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe avuto la competenza a decidere, spettando questa al giudice dell’esecuzione.
L’errore strategico nel ricorso inammissibile
Il ricorrente ha costruito la sua intera argomentazione su un presunto errore di competenza da parte del giudice, ignorando completamente la vera ragione della decisione della Corte d’Appello. Questo errore di impostazione si è rivelato fatale per l’esito del giudizio di legittimità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. Gli Ermellini hanno evidenziato come le censure mosse dal ricorrente fossero totalmente scollegate dalla motivazione reale del provvedimento impugnato. In pratica, il ricorso ‘parlava un’altra lingua’ rispetto alla decisione che intendeva contestare.
Le Motivazioni
Il fulcro del ragionamento della Cassazione risiede nella manifesta infondatezza del ricorso. I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello aveva dichiarato l’inammissibilità dell’istanza non per una questione di competenza, ma applicando l’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma sancisce, appunto, l’inammissibilità di un’istanza che costituisce una ‘mera riproposizione’ di una richiesta già rigettata, in assenza di nuovi elementi.
Il ricorrente, invece di contestare la valutazione sulla natura ripetitiva della sua istanza, ha sollevato una questione di competenza che non era mai stata il fondamento della decisione del giudice precedente. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato come un tentativo di attaccare una motivazione inesistente, ignorando quella effettiva. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 2, n. 17281/2019), secondo cui è inammissibile il ricorso che attribuisce alla decisione impugnata un contenuto diverso da quello reale. Alla declaratoria di inammissibilità è seguita, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario: è essenziale confrontarsi criticamente e puntualmente con la ratio decidendi, ovvero con le ragioni specifiche che hanno sorretto la decisione. Costruire un’impugnazione su argomenti non pertinenti o che travisano la motivazione del giudice non solo è inutile, ma è anche controproducente. Porta a una declaratoria di ricorso inammissibile, con aggravio di spese e sanzioni. Per i professionisti del diritto, ciò significa studiare attentamente ogni riga della decisione da impugnare e formulare motivi di ricorso che ne contestino il nucleo logico-giuridico, evitando di creare ‘castelli in aria’ destinati a crollare al primo esame di legittimità.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché i motivi del ricorso non si confrontavano con la reale motivazione del provvedimento impugnato. Il ricorrente ha contestato la competenza del giudice, mentre la decisione si basava sul fatto che l’istanza era una ‘mera riproposizione’ di una richiesta già respinta.
Cosa significa che un’istanza è una ‘mera riproposizione’?
Significa che l’istanza si fonda sugli stessi identici elementi di una richiesta precedente che è già stata giudicata e rigettata, senza presentare alcun nuovo argomento di fatto o di diritto che possa giustificare un riesame.
Qual è la conseguenza di presentare un ricorso basato su motivi che non affrontano la decisione impugnata?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 75 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 75 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 24/09/1971
avverso l’ordinanza del 12/04/2024 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME COGNOME avverso l’ordinanza in epigrafe, con cui la Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’istanza di scioglimento del cumulo di pene in espiazione ai fini dell’eventuale ammissione ai benefici penitenziari;
Rilevato, in particolare, che la declaratoria di inammissibilità è stata adottata ai sens dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., per aver il giudice dell’esecuzione ritenuto l’istanza dell’odierno ricorrente “mera riproposizione” di una istanza basata sui medesimi elementi, già dichiarata inammissibile dal Magistrato di Sorveglianza di Milano il 21.9.2023, al pari del reclamo successivamente proposto e pure dichiarato inammissibile dal Tribunale di Sorveglianza di Milano il 9.1.2024;
Evidenziato che con l’unico motivo di ricorso si deduce l’abnormità del provvedimento impugnato, spettando al giudice dell’esecuzione e non alla magistratura di sorveglianza la competenza a intervenire sul provvedimento di cumulo;
Considerato, allora, che, con tutta evidenza, il ricorso non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, con il quale è stata preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’istanza ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., e non per l’incompetenza a provvedere del giudice adito;
Ritenuto, dunque, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto muove al provvedimento impugnato censure palesemente contrastate dagli atti processuali, attribuendo alla motivazione della decisione un contenuto letterale diverso da quello reale (cfr. Sez. 2, n. 17281 dell’8/1/2019, Rv. 276916 – 01);
Aggiunto che alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.9.2024