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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per occupazione abusiva. Gli imputati chiedevano l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ma il ricorso si limitava a ripetere argomenti già respinti in appello, dove era stata valorizzata la lunga durata dell’illecito. La Corte ha ritenuto il ricorso non specifico e ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione sanziona la ripetitività

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale sulla corretta redazione degli atti di impugnazione, chiarendo perché un ricorso inammissibile può derivare dalla semplice ripetizione dei motivi d’appello. Il caso riguarda due persone condannate per occupazione abusiva che, giunte al terzo grado di giudizio, hanno visto le loro istanze respinte per un vizio di forma e di sostanza nel modo di proporre il ricorso.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due soggetti per il reato di occupazione abusiva di un immobile. In sede di appello, i loro difensori avevano richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale. La Corte d’Appello di Torino, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, sottolineando come la lunga durata dell’occupazione fosse un elemento ostativo al riconoscimento della particolare tenuità.

Non soddisfatti della decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, basando la loro difesa su un unico motivo: la mancata applicazione del citato art. 131-bis c.p. La Suprema Corte, però, non è nemmeno entrata nel merito della questione sostanziale, fermandosi a una valutazione preliminare sulla validità del ricorso stesso.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale drastica decisione non risiede in un’analisi sulla fondatezza o meno della richiesta di applicare la causa di non punibilità, bensì sulla struttura stessa dell’atto di impugnazione. I giudici hanno rilevato che i motivi presentati erano una “pedissequa reiterazione” di quelli già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello.

Il ricorso, secondo la Corte, era da considerarsi non specifico ma soltanto apparente. Invece di assolvere alla sua funzione tipica, ovvero quella di muovere una critica argomentata e puntuale contro la sentenza di secondo grado, si limitava a riproporre le stesse doglianze. Questa modalità non consente alla Corte di Cassazione di svolgere il proprio ruolo di giudice di legittimità, che è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non di riesaminare per la terza volta gli stessi identici punti.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del processo penale: la specificità dei motivi di impugnazione. Un ricorso per Cassazione non può essere una generica lamentela contro una decisione sfavorevole. Deve, al contrario, individuare con precisione il vizio della sentenza impugnata, che sia esso una violazione di legge o un difetto di motivazione, e sviluppare un’argomentazione critica che si confronti direttamente con le ragioni esposte dal giudice del grado precedente.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva chiaramente spiegato perché non riteneva applicabile l’art. 131-bis, indicando nella durata dell’occupazione l’elemento decisivo. Un ricorso efficace avrebbe dovuto contestare specificamente quella motivazione, dimostrandone l’erroneità o l’illogicità. Limitarsi a ripetere la richiesta di applicazione della norma, senza smontare il ragionamento del giudice d’appello, rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile. La conseguenza di questa declaratoria è stata la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi opera nel diritto: la forma è sostanza. Un atto di impugnazione redatto senza la dovuta specificità e senza un confronto critico con la decisione che si intende contestare è destinato a fallire. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per l’assistito. La decisione sottolinea l’importanza di un’attenta preparazione tecnica nella stesura dei ricorsi, che devono rappresentare un dialogo critico con la giurisprudenza precedente e non una sterile ripetizione di argomenti già vagliati e respinti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a ripetere in modo pedissequo i motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, risultando così generico e non specifico, in quanto non muoveva una critica argomentata alla sentenza impugnata.

Quale era il motivo principale per cui i giudici d’appello avevano negato la particolare tenuità del fatto?
La Corte d’Appello aveva negato l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale a causa della prolungata durata dell’occupazione abusiva, ritenendo che tale circostanza escludesse la particolare tenuità del fatto.

Quali sono state le conseguenze economiche per i ricorrenti dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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