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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione conferma la decisione di inammissibilità di un appello in materia fiscale. Il ricorso inammissibile è stato rigettato perché le contestazioni erano generiche e non criticavano specificamente le motivazioni della sentenza di primo grado, che condannava l’imputato per evasione fiscale mediante l’uso di fatture per spese mediche fittizie.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Necessità di Critiche Specifiche nell’Appello

Nel sistema processuale italiano, l’atto di appello non è una mera formalità, ma uno strumento che richiede precisione e specificità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile a causa della sua eccessiva genericità. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere perché un’impugnazione, per essere efficace, deve instaurare un dialogo critico e puntuale con la decisione che intende contestare, pena la sua bocciatura ancor prima di entrare nel merito.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di primo grado per un reato tributario. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver utilizzato fatture relative a spese mediche mai sostenute per evadere le imposte sui redditi dell’anno 2014, un illecito previsto dall’art. 2, comma 2-bis, del D.Lgs. 74/2000.

Contro questa sentenza, l’imputato aveva proposto appello. Tuttavia, la Corte d’appello, con un’ordinanza, aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile. La ragione? L’atto di appello era stato giudicato privo dei necessari rilievi critici specifici contro le ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza di primo grado, limitandosi a contenere affermazioni apodittiche e non correlate alla motivazione del giudice.

La Genericità dell’Appello e il Ricorso inammissibile in Cassazione

Non arrendendosi, l’imputato, tramite il suo legale, ha presentato ricorso per cassazione contro l’ordinanza della Corte d’appello. Nel ricorso si denunciava una presunta violazione del diritto di difesa avvenuta nel primo grado di giudizio. In particolare, si sosteneva che il primo giudice avesse rifiutato di valutare le prove e che la Corte d’appello avesse fornito una risposta generica a questa doglianza.

Tuttavia, anche questo ricorso è stato giudicato generico dalla Suprema Corte. I giudici hanno evidenziato come l’atto mancasse di un confronto critico sia con l’ordinanza impugnata sia con la sentenza di primo grado. Le argomentazioni erano vaghe e, in parte, si basavano su norme del codice di procedura civile (artt. 116 e 360 c.p.c.), non pertinenti al processo penale, senza illustrare come queste presunte violazioni avessero concretamente inciso sulla decisione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha seguito un ragionamento lineare e rigoroso. In primo luogo, ha definito il ricorso ‘estrinsecamente’ generico, poiché non si confrontava minimamente con le argomentazioni della Corte d’appello. In secondo luogo, lo ha ritenuto ‘intrinsecamente’ generico, dato che si limitava ad affermare l’esistenza di vizi senza specificarli né collegarli in modo logico alla motivazione della sentenza.

La Corte ha inoltre sottolineato come già l’originario atto d’appello fosse manifestamente infondato e generico. Esso contestava la logicità della motivazione in modo vago, accennava a un successivo pagamento delle imposte (irrilevante per la sussistenza del reato) e affermava l’assenza di prove senza analizzare le risultanze investigative (le indagini della Guardia di Finanza) che invece erano state dettagliatamente esaminate nella sentenza di primo grado. Di conseguenza, la Corte d’appello aveva correttamente rilevato l’insuperabile genericità dell’impugnazione. La Cassazione, quindi, non ha potuto fare altro che confermare questa valutazione, dichiarando il ricorso non solo generico ma anche manifestamente infondato.

Conclusioni

La decisione in commento ribadisce un principio cardine del diritto processuale: chi impugna una sentenza ha l’onere di formulare critiche specifiche, pertinenti e argomentate. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso o lamentare violazioni astratte. È necessario ‘smontare’ punto per punto il ragionamento del giudice precedente, evidenziandone gli errori di fatto o di diritto. Un ricorso che si sottrae a questo compito è destinato a essere dichiarato inammissibile. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 3.000,00 euro. Questa sentenza serve da monito sulla necessità di un approccio tecnico e rigoroso nella redazione degli atti di impugnazione.

Perché un ricorso o un appello possono essere dichiarati inammissibili?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è ‘generico’, cioè quando non contiene critiche specifiche e argomentate contro le ragioni di fatto e di diritto della sentenza che si impugna, ma si limita a formulare contestazioni vaghe e astratte.

Cosa succede se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, il cui importo viene stabilito dal giudice.

Quale errore ha commesso il ricorrente in questo caso specifico?
Il ricorrente ha presentato un atto di appello e un successivo ricorso per cassazione privi di un confronto critico con le motivazioni delle sentenze impugnate. Ha sollevato doglianze generiche, senza analizzare le prove a suo carico e le ragioni della condanna, e ha persino fatto riferimento a norme del codice di procedura civile, non pertinenti al caso penale in esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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