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Ricorso inammissibile: quando l’appello è generico

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi erano generici e si limitavano a ripetere argomentazioni già respinte in appello. L’imputato, condannato per minacce aggravate, non aveva criticato in modo specifico la sentenza impugnata. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, evidenziando la necessità di specificità negli atti di impugnazione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di un Appello Generico

Quando si presenta un’impugnazione contro una sentenza, è fondamentale rispettare precisi requisiti di forma e sostanza. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: un ricorso inammissibile, perché troppo generico o meramente ripetitivo, non solo viene respinto, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo propone. Analizziamo questa ordinanza per comprendere meglio le regole del processo penale.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Brescia per il reato di minaccia aggravata, ai sensi dell’art. 612, comma 2, del codice penale, in continuazione (art. 81 cpv. c.p.). La sentenza di primo grado è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Brescia.

L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione. Il motivo principale del suo ricorso riguardava un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello, in particolare per il mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.

I Requisiti di Specificità del Ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato l’atto di impugnazione e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su due ragioni principali, strettamente collegate tra loro:

1. Genericità dei Motivi

Il ricorso è stato ritenuto sorretto da motivi “assolutamente generici”, in palese violazione di quanto prescritto dall’articolo 581, comma 1, del codice di procedura penale. Questa norma impone che l’atto di impugnazione contenga l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sostengono ogni richiesta. Un’impugnazione che si limita a enunciazioni vaghe, senza un’analisi puntuale, non supera il vaglio di ammissibilità.

2. Mera Reiterazione delle Argomentazioni

I giudici hanno inoltre osservato che la censura sollevata in Cassazione era una semplice ripetizione di quella già presentata e respinta dalla Corte d’Appello. L’imputato, nel suo ricorso, non si è confrontato con la motivazione della sentenza di secondo grado, omettendo di svolgere quella “critica argomentata” che è la funzione tipica dell’impugnazione. In questi casi, il ricorso è considerato “non specifico ma soltanto apparente”, perché non adempie al suo scopo di criticare in modo costruttivo la decisione impugnata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, nel motivare la sua decisione, ha richiamato un proprio consolidato orientamento (Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019), secondo cui un ricorso che non si confronta adeguatamente con le ragioni della sentenza impugnata è da considerarsi inammissibile. Non basta dissentire dalla decisione; è necessario spiegare perché la motivazione del giudice precedente sarebbe errata, illogica o contraddittoria.

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha imposto il versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Questa sanzione economica viene giustificata sulla base del principio, avallato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000), secondo cui l'”evidente inammissibilità” dei motivi di impugnazione fa presumere una colpa da parte del ricorrente. In altre parole, chi propone un ricorso palesemente infondato o non conforme alle regole processuali non può essere considerato immune da responsabilità per aver attivato inutilmente il sistema giudiziario.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque intenda impugnare un provvedimento giudiziario. La redazione di un atto di appello o di un ricorso per cassazione richiede rigore, specificità e un confronto critico con la decisione che si contesta. Limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte, senza smontare punto per punto la motivazione del giudice, espone al serio rischio di veder dichiarato il proprio ricorso inammissibile.

Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’aggravio di ulteriori spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione ribadisce, quindi, la funzione dell’impugnazione non come un semplice tentativo di ottenere una nuova valutazione, ma come uno strumento tecnico che deve evidenziare vizi specifici della sentenza precedente.

Per quale motivo un ricorso può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile se è sorretto da motivi assolutamente generici, in violazione delle forme previste dalla legge (art. 581, co. 1, c.p.p.), o se si limita a essere una semplice reiterazione di argomenti già esaminati e respinti in appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

Perché il ricorrente deve pagare una somma alla cassa delle ammende?
La Corte stabilisce che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non permette di ritenere il ricorrente immune da colpa. La sanzione ha lo scopo di disincentivare la presentazione di ricorsi palesemente infondati, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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