Ricorso inammissibile in Cassazione: Analisi di un’Ordinanza sul Rito Camerale
L’ordinanza in esame offre un importante spaccato sulle regole procedurali che governano i ricorsi in Cassazione, chiarendo perché un’impugnazione può essere definita un ricorso inammissibile. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione, per due ragioni fondamentali: l’errata applicazione delle norme procedurali e la genericità dei motivi di appello. Questo caso serve da monito sulla necessità di formulare impugnazioni specifiche e pertinenti.
La Vicenda Processuale
Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza del 10 luglio 2023, ha proposto ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso si basavano essenzialmente su due pilastri: una presunta violazione procedurale legata alla celebrazione del giudizio d’appello e una critica alla valutazione delle prove da parte dei giudici di merito.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11291/2024, ha esaminato i motivi e li ha respinti in toto, dichiarando il ricorso inammissibile.
Le Ragioni della Inammissibilità del Ricorso
La decisione della Suprema Corte si fonda su un’analisi attenta dei motivi presentati dal ricorrente, evidenziandone le carenze sia sul piano formale che sostanziale.
L’Errore sul Rito Processuale Applicabile
Il primo motivo di ricorso si basava sulla violazione dell’art. 601, comma 3, del codice di procedura penale. Il ricorrente lamentava, in sostanza, una violazione delle norme relative alla notifica e alla partecipazione al giudizio d’appello.
La Cassazione ha chiarito che tale doglianza era manifestamente infondata. Il giudizio d’appello si era infatti svolto secondo il cosiddetto ‘rito camerale non partecipato’, una procedura speciale disciplinata dall’art. 23-bis del decreto-legge 137/2020 (normativa emergenziale, più volte prorogata). Questo rito non prevede gli adempimenti indicati nell’art. 601 c.p.p., come confermato da consolidata giurisprudenza (Cass. n. 14728/2022). L’omesso avvertimento all’imputato sulla celebrazione con rito non partecipato, pertanto, non costituisce causa di nullità. Invocare una norma non pertinente al rito effettivamente applicato è un errore che vizia alla radice il motivo di ricorso.
La Genericità degli Altri Motivi di Appello
Per quanto riguarda le altre censure, relative alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione della condotta dell’imputato, la Corte le ha ritenute affette da ‘genericità’.
Il ricorrente, secondo i giudici, non ha fatto altro che riproporre le medesime questioni già ampiamente discusse e motivate dalla Corte d’Appello, senza però instaurare un ‘confronto effettivo’ con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. In pratica, ha ignorato le risposte fornite dal giudice di secondo grado, limitandosi a ripetere le proprie tesi. La Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello, ma deve contenere una critica specifica, logica e giuridica alle ragioni della decisione che si contesta.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e lineari. Il ricorso inammissibile è tale perché manca dei presupposti minimi per essere esaminato nel merito. In primo luogo, si fonda su un presupposto giuridico errato, ossia l’applicazione di una norma procedurale non pertinente al caso di specie. In secondo luogo, le critiche alla valutazione dei fatti sono solo apparenti, poiché non si confrontano realmente con la motivazione della sentenza impugnata, risultando così generiche e non specifiche. La Corte sottolinea che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito dei fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, compiti impossibili di fronte a doglianze vaghe.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., due conseguenze dirette per il ricorrente. La prima è la condanna al pagamento delle spese processuali. La seconda è il versamento di una somma di denaro, in questo caso equitativamente determinata in 3.000 euro, in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce l’importanza, per i professionisti legali, di redigere ricorsi tecnicamente precisi, fondati sulle norme corrette e capaci di sviluppare una critica puntuale e argomentata avverso la decisione impugnata, pena la sanzione dell’inammissibilità.
Perché il primo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato?
Perché il ricorrente ha invocato la violazione di una norma (art. 601 c.p.p.) non applicabile al caso specifico. Il giudizio d’appello si era svolto con il ‘rito camerale non partecipato’ previsto dalla legislazione emergenziale (art. 23-bis D.L. 137/2020), che ha regole diverse da quelle ordinarie.
Cosa intende la Corte per ‘genericità’ degli altri motivi di ricorso?
La Corte intende che il ricorrente si è limitato a ripresentare le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza criticare in modo specifico le ragioni esposte nella sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione deve contenere una critica puntuale alla decisione precedente, non una semplice ripetizione di tesi già smentite.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso è dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11291 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11291 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo dedotto è manifestamente infondato, perchè richiama la disciplina prevista dall’art. 601, comma 3, c.p.p. non applicabile al giudizio di appello svoltosi sotto la vigenza della proroga sino al 1.5 gennaio 2024 della disciplina dell’art. 23-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 (ora ulteriormente prorogata fino al 30 giugno 2024, ex art. 11, co.7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215), considerato il consolidato principio secondo cui l’omesso avvertimento all’imputato della celebrazione dell giudizio con rito camerale non partecipato non è causa di nullità, in quanto requisito non richiamato dall’art. 601, comma 6, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 14728 del 31/03/2022, Perciballi, Rv. 283179), e considerato che la traduzione dell’imputato detenuto non va disposta in difetto della richiesta di trattazione con rito partecipato;
ritenuto che gli RAGIONE_SOCIALE motivi sono affetti da genericità rispetto alla puntuale e dettagliata ricostruzione dei fatti in merito all’accertamento delle condotte di reato ascritte al ricorrente, essendo evidente la infondatezza della critica alla motivazione della Corte di appello di Milano, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato sull’attendibilità delle ricosti-uzione dei fatti da parte degli agenti operanti in punto di carattere violento ed oppositivo della condotta;
ritenuto che la riproposizione delle medesime questioni affrontate in modo approfondito con motivazione puntuale, in assenza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito, non è ammissibile in sede di legittimità, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 260608);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
Il Consigliere COGNOME tensore COGNOME
Il fresid2nte