Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28212 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28212 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MILANO il 17/02/1985 NOME COGNOME nato a NOTO il 05/02/1986
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME presentati con il medesimo
atto;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta l’affermazione di
penale responsabilità degli odierni ricorrenti per il concorso nel reato di cui all’art.
493-ter cod. pen., si risolve in questioni di merito non consentiti in sede di legittimità, in quanto reiterativi di profili di censura già prospettati in appello
adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale, così che essi sono privi di specificità oltre a essere volti a prefigurare una rivalutazione e un diverso
giudizio di rilevanza delle risultanze processuali;
che, nella specie, i giudici di appello, con una motivazione adeguata, logica e
non contraddittoria hanno fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di identificazione attraverso la visione
di immagini da parte della polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 42041 del 27/06/2019,
COGNOME, Rv. 277013 – 01; Sez. F, n. 37012 del 29/08/2019, COGNOME Rv.
277635 – 01; Sez. 2, n. 41375 del 05/07/2023, Di, Rv. 285160 – 01), così esplicitando le ragioni del loro convincimento in merito all’identificazione dei due prevenuti quali autori del reato loro ascritto (si vedano le pagg. 5 e 6 della impugnata sentenza);
rilevato che i ricorsi si mostrano oltremodo aspecifici in quanto: si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva che, però, non viene specificata e si denuncia la violazione dell’art. 213, commi 1 e 2, senza tuttavia spiegare in cosa sarebbe consistita detta violazione, così che l’atto risulta privo dei requisiti minimi richiesti per svolgere la funzione propria dell’impugnazione, mancando dell’esposizione di comprensibili censure al provvedimento impugnato, con la conseguenza che il giudice dell’impugnazione non è messo nelle condizioni di verificare la correttezza della sentenza impugnata;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.