Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza di Censure Specifiche
L’esito di un processo non si esaurisce con la sentenza di primo grado. Le parti hanno il diritto di impugnare le decisioni, ma questo diritto deve essere esercitato secondo precise regole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di un appello formulato in modo generico, confermando un principio fondamentale: per ottenere una revisione, non basta dissentire, ma occorre dimostrare un vizio logico concreto nella decisione impugnata. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale e quali sono le conseguenze per il proponente.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro il Diniego di Misure di Favore
La vicenda nasce dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza del Tribunale di Genova. Quest’ultimo aveva respinto la richiesta del ricorrente di accedere a “istituti di favore”, ovvero a benefici previsti dalla legge nell’ambito dell’esecuzione della pena. La decisione del Tribunale si fondava su una valutazione negativa della condotta del soggetto, il quale, dopo una prima condanna, aveva commesso ulteriori reati. Questi nuovi crimini, secondo i giudici, non erano una semplice continuazione del disegno criminoso precedente, ma rappresentavano “autonome risoluzioni criminose”, sintomo di una “pervicace volontà criminale” che lo rendeva immeritevole di benefici.
L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile?
La Corte di Cassazione, esaminando l’appello, ha deciso di non entrare nel merito della questione, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due pilastri argomentativi principali che evidenziano i difetti strutturali dell’impugnazione presentata.
La Genericità delle Censure
Il primo e fondamentale motivo di inammissibilità risiede nella natura delle critiche (tecnicamente “censure”) mosse dal ricorrente. Secondo la Suprema Corte, le argomentazioni erano “generiche”. Invece di individuare un errore specifico, una palese contraddizione o una manifesta illogicità nel ragionamento del giudice dell’esecuzione, il ricorrente si è limitato a sollecitare una “lettura alternativa del compendio probatorio”. In altre parole, ha semplicemente proposto una propria interpretazione dei fatti, sperando di sostituirla a quella, non palesemente illogica, del tribunale. Questo approccio non è consentito nel giudizio di legittimità, il cui scopo non è riesaminare i fatti, ma controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione.
La Persistenza della Volontà Criminale
La Corte ha inoltre implicitamente confermato la correttezza della valutazione del giudice di merito. La commissione di nuovi reati, soprattutto se a danno di soggetti non coinvolti nelle vicende precedenti, è stata vista come espressione di una rinnovata e autonoma spinta a delinquere. Tale condotta interrompe quel percorso di ravvedimento che è presupposto necessario per la concessione di benefici penitenziari, rendendo la decisione del Tribunale di Genova tutt’altro che illogica.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte di Cassazione si concentra sulla funzione del giudizio di legittimità e sui requisiti di un ricorso. Non è sufficiente contestare la conclusione di un giudice; è necessario demolirne l’impianto logico-argomentativo, evidenziando vizi specifici. Un ricorso che si limita a contrapporre una propria valutazione a quella del giudice di merito, senza dimostrarne l’irragionevolezza, si pone al di fuori dei confini del giudizio di Cassazione. Per questo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Come conseguenza diretta, in assenza di prove che escludessero la colpa del ricorrente nel proporre un’impugnazione palesemente infondata, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine della procedura penale: l’accesso alla giustizia dei gradi superiori non è incondizionato. I ricorsi devono essere specifici, pertinenti e mirati a denunciare vizi concreti e non semplici divergenze di opinione. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è solo una sanzione processuale, ma un meccanismo di efficienza del sistema giudiziario, che evita di appesantire la Corte Suprema con appelli meramente dilatori o esplorativi. Per i cittadini e i loro difensori, la lezione è chiara: un’impugnazione efficace deve essere costruita su solide basi giuridiche e logiche, non su una semplice speranza di ottenere una seconda, e diversa, valutazione dei fatti.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando le censure sollevate sono generiche e si limitano a proporre una lettura alternativa delle prove, senza evidenziare una manifesta illogicità nella motivazione del provvedimento impugnato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non si esclude la sua colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Per quale motivo al ricorrente erano stati negati i benefici penitenziari?
I benefici erano stati negati perché il ricorrente, dopo la prima condanna, aveva commesso nuovi reati. Tale condotta è stata interpretata come espressione di una ‘pervicace volontà criminale’ non meritevole dell’applicazione di istituti di favore.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16795 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16795 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 14/02/1987
avverso l’ordinanza del 08/01/2024 del TRIBUNALE di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione
dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della
continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’assenza circostanze da cui desumere che il predetto, sin dalla consumazione del primo
reato, avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., anche quello successivo
f tenuto conto della distanza temporale intercorrente tra essi (di vari mesi), della differente natura dei reati e
per la circostanza che l’estorsione e le lesioni (oggetto della seconda condanna)
sono state perpetrate a causa di un debito (contratto per l’acquisto di stupefacente ceduto dal ricorrente) in danno di un soggetto che non figurava essere tra gli acquirenti identificati nell’ambito del procedimento conclusosi con la prima condanna. In tale contesto i reati commessi sono riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore;
Considerato che le censure del ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitano una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice dell’esecuzione;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.