Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13237 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13237 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 10/08/1979
avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 23 aprile 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 18 ottobre 2022 con cui NOME NOME era stata condannata alla pena di mesi tre di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione: per essere stata resa la motivazione unicamente per relationem, senza un adeguato vaglio delle doglianze espresse da parte della difesa; per mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale; per omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., oltre che per mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
Ed infatti, con riferimento a tutte le doglianze eccepite, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale, con la quale sono state diffusamente rappresentate le ragioni di mancato accoglimento dei medesimi motivi dedotti da parte dell’imputata (pp. 3 e ss.), di fatto reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, già vagliate da parte della Corte di merito.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in seco grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati n provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma l’8 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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