Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Caso della Prova “Fantasma”
Nel processo penale, la corretta acquisizione e valutazione della prova è un pilastro fondamentale. Ma cosa succede quando un’intera strategia difensiva, portata fino in Cassazione, si fonda su una prova che non esiste? La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, offre una risposta netta, dichiarando il ricorso inammissibile e ribadendo principi cruciali sulla validità della testimonianza e sulle conseguenze di un’impugnazione palesemente infondata.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa riguardava la presunta inutilizzabilità di un’intercettazione registrata. Secondo il ricorrente, la difesa non aveva mai ricevuto tale registrazione e la stessa non era presente nel materiale probatorio fornito dalla Polizia Giudiziaria. L’intera argomentazione difensiva si concentrava quindi su un vizio procedurale legato a un elemento di prova ritenuto cruciale.
La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, esaminato il ricorso, lo ha liquidato rapidamente, definendolo “manifestamente infondato” e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione impedisce alla Corte di entrare nel merito della questione, poiché l’impugnazione manca dei presupposti minimi per essere discussa. La conseguenza diretta è la conferma definitiva della sentenza di condanna emessa in secondo grado.
Le Motivazioni: la Prova Inesistente e la Valenza della Testimonianza
Il cuore della decisione risiede in una constatazione tanto semplice quanto decisiva: la registrazione contestata non esiste. La Corte Suprema ha rilevato che, leggendo la sentenza di primo grado, emergeva chiaramente come la ricostruzione dei fatti non fosse basata su quella specifica intercettazione, bensì sul racconto della persona offesa. Le dichiarazioni della vittima erano state giudicate “pienamente attendibili” e avevano trovato “sicuro riscontro” nel contenuto di altre registrazioni, regolarmente acquisite agli atti.
In altre parole, il ricorrente ha costruito il suo intero motivo di ricorso su un presupposto di fatto errato. Ha contestato la mancata consegna di una prova che, semplicemente, non faceva parte del compendio probatorio utilizzato per la sua condanna. La Corte ha quindi smontato l’argomentazione difensiva alla radice, evidenziando come la doglianza fosse priva di qualsiasi fondamento logico e fattuale.
Le Conclusioni: le Conseguenze Pratiche della Decisione
Le implicazioni di questa ordinanza sono significative. In primo luogo, viene ribadita la piena validità della testimonianza della persona offesa come fonte di prova, soprattutto quando la sua credibilità è supportata da altri elementi (in questo caso, altre registrazioni).
In secondo luogo, la decisione serve da monito sulle conseguenze di un ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. L’imputato non solo vede confermata la sua condanna, ma viene anche sanzionato pesantemente dal punto di vista economico. La Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Inoltre, è stato condannato a rifondere le spese legali sostenute dalla parte civile nel giudizio di Cassazione, liquidate in 4.500 euro oltre accessori. Questo dimostra che l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con serietà e sulla base di argomentazioni giuridicamente e fattualmente solide, per non incorrere in sanzioni che aggravano ulteriormente la posizione del condannato.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa su un presupposto di fatto errato?
Secondo questa ordinanza, se il motivo di ricorso si fonda su un presupposto fattuale che si rivela inesistente (in questo caso, una registrazione mai esistita), la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, senza procedere all’esame del merito.
La testimonianza della persona offesa è sufficiente per una condanna?
Sì, il provvedimento conferma che le dichiarazioni della persona offesa possono essere considerate pienamente attendibili e sufficienti a fondare una condanna, soprattutto quando trovano un sicuro riscontro in altri elementi probatori, come il contenuto di altre registrazioni.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (qui, 3.000 euro). Inoltre, è tenuto a rimborsare le spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile nel giudizio (in questo caso, 4.500 euro oltre accessori).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9387 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9387 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PIANDIMELETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE. APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso di NOME COGNOME e la memoria depositata 1’8 gennaio 2024 ;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura la motivazione posta a sostegno del rigetto dell’eccezione di inutilizzabilità della intercettazione registrata il 19 gennaio 2019, fondata sul rilievo che la difesa non aveva ricevuto detta registrazione e la stessa non era contenuta nel supporto fornito dalla Polizia giudiziaria, è manifestamente infondato poiché dalla lettura della sentenza di primo grado si evince che tale registrazione non esiste e che il tenore del colloquio era stato riferito dalla persona offesa, le cui dichiarazioni sono pienamente attendibili e hanno trovato sicuro riscontro nel contenuto di alcune registrazioni;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
che il ricorrente va altresì condanNOME alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile NOME COGNOME che con memoria ha fornito utile contributo alla decisione, spese che si ritiene congruo liquidare in euro 4500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 4500 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 6 febbraio 2024.