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Ricorso inammissibile: quando la motivazione è logica

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, ribadendo che il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, il ricorso dell’imputato, che denunciava l’illogicità della decisione dei giudici d’appello, è stato respinto perché la motivazione della condanna era basata su un apparato argomentativo solido e privo di vizi.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: I Limiti del Controllo della Cassazione sulla Motivazione

Presentare ricorso in Cassazione è l’ultima fase del processo penale, ma non tutte le doglianze possono essere esaminate nel merito. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i confini del cosiddetto “vizio di motivazione”, spiegando perché un ricorso inammissibile può essere dichiarato tale quando la decisione impugnata, pur non condivisa dalla difesa, presenta un apparato logico coerente. Analizziamo questo caso per comprendere meglio il ruolo della Corte di Cassazione e le conseguenze di un’impugnazione infondata.

I Fatti del Processo e i Motivi del Ricorso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Bari, ha proposto ricorso per cassazione lamentando un’errata valutazione da parte dei giudici di merito. In particolare, la difesa sosteneva che la motivazione alla base della dichiarazione di responsabilità fosse illogica e contraddittoria. L’argomento principale si basava sulla presunta violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera e), del codice di procedura penale, che permette di impugnare una sentenza proprio per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

La difesa mirava a dimostrare che il ragionamento seguito dai giudici di secondo grado non fosse solido e che, pertanto, la decisione dovesse essere annullata.

L’Analisi della Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato manifestamente infondato, portando alla sua inammissibilità. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale del nostro ordinamento: il sindacato di legittimità non è un terzo grado di giudizio nel merito. La Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.

Il suo compito, per espressa volontà del legislatore, è circoscritto a verificare l’esistenza di un apparato argomentativo logico e coerente. Il vizio di motivazione censurabile è solo quello che emerge palesemente dal testo del provvedimento, come un contrasto insanabile tra le affermazioni contenute nella sentenza o tra queste e le massime di esperienza comunemente accettate.

Le motivazioni della decisione

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha evidenziato che la sentenza della Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata. I giudici di merito avevano escluso l’applicazione di circostanze attenuanti basandosi su una pluralità di elementi concreti, tra cui le modalità della condotta, il valore del bene oggetto del reato e la personalità dell’imputato. Questo tipo di valutazione, essendo fondato su elementi fattuali e sviluppato con un ragionamento coerente, non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione di manifesta illogicità delineata dalla legge.

La Corte ha anche richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza Petrella, n. 47289/2003), che ha stabilito come il controllo della Cassazione debba limitarsi a riscontrare l’esistenza di un discorso giustificativo logico, senza poter verificare la sua rispondenza con le acquisizioni processuali. Di conseguenza, non essendo stato riscontrato alcun vizio procedurale, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni: le implicazioni pratiche dell’ordinanza

Questa ordinanza conferma che per ottenere un annullamento in Cassazione non è sufficiente essere in disaccordo con la conclusione dei giudici di merito. È necessario dimostrare un vizio grave e palese nella struttura logica della loro motivazione. La decisione comporta due conseguenze pratiche per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati, che sovraccaricano il sistema giudiziario. Per gli avvocati, ciò sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e focalizzati sui reali vizi di legittimità, piuttosto che tentare una rivalutazione dei fatti già ampiamente discussi nei gradi di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo a un presunto vizio di motivazione, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha verificato che la sentenza impugnata possedeva un apparato argomentativo logico e coerente, privo delle contraddizioni o illogicità richieste dalla legge per un annullamento.

Cosa si intende per ‘vizio di motivazione’ secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, il vizio di motivazione rilevante è quello che emerge dal contrasto tra lo sviluppo argomentativo della sentenza e le massime di esperienza, o da contraddizioni interne al provvedimento stesso. Non consiste in una semplice divergenza di valutazione rispetto alle conclusioni del giudice, ma in un difetto strutturale del ragionamento logico.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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