Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27449 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27449 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
COGNOME IMPERIALI
Sent. n. sez. 1054/2025
– Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
2.1. Vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Rileva la difesa dei ricorrenti che la Corte di appello ha affermato che non possono essere riconosciute agli imputati le circostanze attenuanti generiche ma non ne ha spiegato le ragioni.
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato oltre che, sotto alcuni profili, caratterizzato da genericità, in quanto la difesa dei ricorrenti non ha indicato espressamente e nel dettaglio – attraverso richiami a specifiche dichiarazioni od al contenuto di documenti (ai quali questa Corte, come Ł noto, non ha diretto accesso) – i punti salienti dai quali sarebbero ricavabili vizi della motivazione della sentenza impugnata.
Ritiene, pertanto, il Collegio che risultano rispettati tutti i principi richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado. La sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata proprio sotto i profili dedotti da parte ricorrente. Inoltre, detta motivazione, non Ł certo apparente, nØ ‘manifestamente’ illogica e tantomeno contraddittoria.
Per contro deve osservarsi che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito peraltro richiamando solo in modo del tutto generico eventuali diversi elementi di valutazione delle prove.
Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
A ciò si aggiunge che, in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. 2, n. 41505 del 24/09/2013, COGNOME, Rv. 257241), vizio non rilevabile nel caso in esame.
La valutazione di manifesta infondatezza investe, poi, anche il secondo motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento agli imputati delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di appello (pag. 7) ha, infatti, da un lato, rimarcato gli indici sfavorevoli di valutazione della condotta degli imputati e, dall’altro, ha espressamente sottolineato la mancanza di elementi favorevoli di pari valenza idonei ad eliderli, con la conseguenza di non poter riconoscere agli imputati le circostanze attenuanti generiche.
Al riguardo Ł appena il caso di ricordare che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv.
260610) e, ancora, che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non Ł necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, sent. n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, quanto a ciascuno di essi, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
L’inammissibilità dei ricorsi per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., nella specie la prescrizione dei reati di cui ai capi B e C della rubrica delle imputazioni maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso. (v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D., Rv. 217266; Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME Rv. 256463).
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 02/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME