Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Ripetitivi
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici e critici nei confronti della sentenza impugnata. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: la semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già respinte in appello rende il ricorso inammissibile. Questo articolo analizza un’ordinanza che chiarisce i requisiti di ammissibilità e le conseguenze di un ricorso puramente ripetitivo.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, confermata sia in primo grado che dalla Corte d’Appello. L’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: la mancata concessione dell’istituto della continuazione. In pratica, la difesa sosteneva che il reato in questione dovesse essere considerato parte di un unico disegno criminoso insieme ad altre condanne già definitive, con conseguente beneficio sulla pena complessiva.
Tuttavia, la stessa richiesta era già stata avanzata e motivatamente respinta dalla Corte d’Appello, la quale aveva esaminato e disatteso le argomentazioni difensive nelle pagine della sua sentenza.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, non solo la condanna è diventata definitiva, ma il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione sottolinea la necessità di rispettare i requisiti formali e sostanziali che governano il giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nella valutazione del motivo di ricorso. La Corte ha stabilito che esso era ‘indeducibile’, ovvero non poteva essere validamente proposto, per una ragione precisa: si trattava di una ‘pedissequa reiterazione’ di quanto già dedotto in appello. I giudici hanno osservato che il ricorso non svolgeva la sua funzione tipica, cioè quella di muovere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.
Invece di contestare le ragioni per cui la Corte d’Appello aveva negato la continuazione, la difesa si è limitata a riproporre le stesse identiche argomentazioni. Questo comportamento, secondo la Cassazione, rende i motivi non specifici, ma soltanto ‘apparenti’. Un ricorso così formulato omette di assolvere alla funzione critica che gli è propria e, pertanto, non può essere esaminato nel merito. A sostegno di questa posizione, la Corte ha richiamato un suo precedente consolidato (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019), che afferma proprio come un ricorso meramente ripetitivo debba essere dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica legale. Per avere una possibilità di successo, un ricorso in Cassazione non può essere una semplice fotocopia dell’atto di appello. È indispensabile che l’avvocato analizzi a fondo le motivazioni della sentenza di secondo grado e costruisca una critica mirata, specifica e giuridicamente fondata, evidenziando gli errori di diritto o i vizi logici in cui sarebbero incorsi i giudici di merito. In assenza di questo sforzo critico, il ricorso inammissibile è una conseguenza quasi certa, con l’ulteriore aggravio di sanzioni economiche per il ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano una semplice e letterale ripetizione di quelli già presentati e respinti dalla Corte d’Appello, senza contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata.
Cosa si intende per ‘pedissequa reiterazione’ di un motivo di ricorso?
Significa riproporre le stesse identiche argomentazioni di una fase precedente del processo senza aggiungere nuovi elementi o contestare specificamente le ragioni della decisione che si sta impugnando. Un ricorso con queste caratteristiche viene considerato ‘apparente’ e non specifico.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26092 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, che ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di furto aggravato;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia l’inosservanza della legge penale ed il vizio motivazionale in ordine alla mancata concessione dell’istituto della continuazione tra la sentenza oggetto di appello e altri gli altri provvedimenti passati in giudicato a carico dell’imputato, indeducibile, perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (v. pp. 5 e 6 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerar -e non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 giugno 2024.