Ricorso inammissibile in Cassazione: un’analisi della recente ordinanza
Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del suo giudizio. La recente ordinanza n. 23150/2024 della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, ribadendo principi consolidati della procedura penale. Questo caso dimostra perché le censure basate su una diversa interpretazione dei fatti, già valutati nei gradi di merito, non trovano accoglimento in sede di legittimità.
I fatti del processo
La vicenda processuale riguarda tre individui condannati dal Tribunale di Padova per una serie di furti e tentati furti. La sentenza di primo grado era stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, che aveva assolto uno degli imputati da un’accusa di rapina e dichiarato l’estinzione per prescrizione di un altro capo d’imputazione. Nonostante questa parziale riforma, gli imputati, tramite il loro difensore, hanno deciso di presentare un unico ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato i ricorsi presentati inammissibili. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei motivi di impugnazione, ritenuti non conformi ai requisiti stabiliti dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni del ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni che hanno portato a considerare il ricorso inammissibile. I motivi principali possono essere così sintetizzati:
1. Natura delle censure: I ricorsi si basavano su ‘doglianze in fatto’, ovvero contestazioni relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione degli eventi. I ricorrenti, in sostanza, chiedevano alla Cassazione una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio, ma di garante della corretta applicazione della legge.
2. Mancanza di analisi critica: Le argomentazioni presentate non contenevano una necessaria analisi critica delle motivazioni della sentenza impugnata. Si limitavano a riproporre temi già discussi e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello, traducendosi in un mero dissenso rispetto alla valutazione operata dai giudici di merito.
3. Logicità e non contraddittorietà della motivazione d’Appello: La Cassazione ha rilevato che la sentenza della Corte d’Appello era sorretta da argomentazioni logiche e non contraddittorie. Di fronte a una motivazione congrua, il semplice disaccordo dell’imputato non costituisce un valido motivo di ricorso per cassazione.
La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali, incluse sentenze delle Sezioni Unite, per sottolineare che i principi sull’essenzialità dell’atto di impugnazione e sui limiti dei motivi d’appello si applicano anche al ricorso per cassazione.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza per riesaminare i fatti. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che le censure siano strettamente attinenti a vizi di legittimità, come l’errata applicazione della legge o vizi manifesti della motivazione, e non si limitino a proporre una lettura alternativa delle prove. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria rappresenta un deterrente contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori o infondati, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario e la definitività delle decisioni.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano ‘doglianze in fatto’, cioè contestazioni sulla valutazione delle prove, e non vizi di legittimità. I ricorrenti chiedevano una nuova valutazione del merito, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per i ricorrenti a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza della Corte d’Appello è diventata definitiva.
È sufficiente essere in disaccordo con la valutazione dei giudici dei precedenti gradi per presentare ricorso in Cassazione?
No, non è sufficiente. L’ordinanza chiarisce che il ‘mero dissenso’ rispetto alla lettura del materiale probatorio data dai giudici di merito non è un motivo valido per ricorrere in Cassazione. Il ricorso deve basarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della motivazione, e non su una diversa interpretazione dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23150 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23150 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorsi con unico atto e stesso difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia indicata in epigrafe, con la quale è stata in parte riformata quella del Tribunale di Pad di condanna dei predetti per più furti e tentativi di furto , assolvendo il primo imputa reato di rapina in concorso di cui al capo 1) e dichiarando non doversi procedere ne confronti tutti e tre per il capo 3), disapplicata la recidiva per COGNOME, perché estinto prescrizione (fatti commessi tra luglio e agosto 2013);
ritenuto che i ricorsi sono inammissibili, ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., pe proposti per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, siccome costituiti da dogl in fatto e non scandite da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base del decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
che le censure propongono nuovamente temi motivatamente disattesi in sede di gravame, traducendosi nel mero dissenso rispetto alla lettura che i giudici del doppi grado hanno dato al materiale probatorio attraverso una valutazione in fatto sorretta da argomentazioni logiche e non contraddittorie;
ritenuto che alla inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 29 maggio 2024
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