Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non tutte le doglianze possono essere esaminate. Un caso recente ci offre l’opportunità di approfondire il concetto di ricorso inammissibile, specialmente quando le critiche mosse alla sentenza di secondo grado riguardano la valutazione del merito, come la quantificazione della pena. Analizziamo insieme un’ordinanza della Suprema Corte che chiarisce i confini del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Le sue censure non riguardavano un errore nell’applicazione di una norma di diritto sostanziale o processuale, ma si concentravano esclusivamente sulla determinazione del trattamento punitivo. In particolare, il ricorrente contestava:
* La dosimetria della pena, ovvero il calcolo specifico effettuato dai giudici per quantificare la sanzione.
* Il diniego delle attenuanti generiche, circostanze che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
* La valutazione della recidiva.
In sostanza, il ricorso chiedeva alla Cassazione di rivalutare le scelte discrezionali fatte dal giudice di merito, sostenendo che la motivazione della sentenza d’appello fosse illogica o insufficiente su questi punti.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto completamente le richieste del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle critiche sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della loro ammissibilità. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Cassazione
Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un “terzo grado di merito”, ma un giudice di legittimità. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non riesaminare i fatti o le valutazioni discrezionali dei giudici dei gradi inferiori, a meno che non emerga un vizio logico palese e manifesto.
Nel caso di specie, la Corte ha osservato che i motivi proposti dal ricorrente erano costituiti da “doglianze sulla determinazione del trattamento punitivo”. Tali critiche sono considerate censure di merito e, come tali, non sono consentite in sede di legittimità se la sentenza impugnata è sorretta da una motivazione:
1. Sufficiente: La sentenza spiega in modo adeguato le ragioni della decisione.
2. Non illogica: Il ragionamento del giudice segue un percorso logico e coerente.
3. Completa: La sentenza ha preso in esame le deduzioni difensive presentate sul punto.
I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione che rispettava pienamente questi criteri, rendendo le critiche del ricorrente un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non si può utilizzare il ricorso in Cassazione come un appello mascherato. Le scelte relative alla quantificazione della pena sono espressione del potere discrezionale del giudice di merito e, se motivate in modo logico e sufficiente, non sono sindacabili in sede di legittimità. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che un ricorso per cassazione deve essere fondato su reali vizi di legge (error in iudicando o in procedendo) o su vizi motivazionali talmente gravi da rendere il ragionamento del giudice incomprensibile o palesemente contraddittorio, e non su un semplice disaccordo con la valutazione del trattamento sanzionatorio.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi addotti non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità, in quanto costituivano doglianze sulla determinazione del trattamento punitivo, che è una valutazione di merito.
Cosa aveva criticato il ricorrente nella sentenza della Corte d’Appello?
Il ricorrente aveva criticato la determinazione della pena, in particolare la sua dosimetria, il diniego delle attenuanti generiche e la gestione della recidiva.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3222 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3222 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 01/11/1984
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 158 Aurino
NRG 27269/2024
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze sulla determinazione del trattamento punitivo, benché la sentenza impugnata sia sorretta da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive sul punto (cfr., in particolare, pag. 2, sulla dosimetria della pena, sul diniego di attenuanti generiche e sulla recidiva);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/11/2024.