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Ricorso inammissibile: quando il giudice non motiva

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, chiarendo che il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica sul mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p. se dagli atti processuali non emergono elementi concreti che suggeriscano una causa di non punibilità. La decisione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione chiarisce l’obbligo di motivazione

Quando un giudice è tenuto a spiegare nel dettaglio perché non ha prosciolto un imputato? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale sull’obbligo di motivazione in relazione alle cause di proscioglimento. Questa decisione offre spunti importanti per comprendere i limiti dell’impugnazione e i doveri del giudice nella valutazione preliminare del caso.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, il mancato rilievo da parte del giudice di primo grado di una possibile causa di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. La questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte per valutare la legittimità della decisione impugnata.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il giudice non ha un obbligo generalizzato di fornire una motivazione specifica e dettagliata per ogni potenziale causa di non punibilità che non viene applicata. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza diretta, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della pronuncia risiede nella spiegazione delle condizioni che attivano l’obbligo di motivazione rafforzata del giudice. La Cassazione, richiamando precedenti sentenze delle Sezioni Unite, ha chiarito che un giudizio negativo sull’applicazione di una causa di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una motivazione specifica solo ed esclusivamente quando dagli atti processuali o dalle argomentazioni delle parti emergano elementi concreti che rendano plausibile l’esistenza di tale causa.

In assenza di questi elementi concreti, si ritiene sufficiente una motivazione “implicita”. Ciò significa che la decisione stessa di procedere con il giudizio, anziché pronunciare il proscioglimento, è considerata una tacita attestazione che il giudice ha compiuto la verifica richiesta dalla legge e non ha ravvisato le condizioni per una diversa conclusione. Pertanto, non è necessario che il giudice elenchi e confuti analiticamente ogni ipotetica causa di non punibilità se non vi sono appigli concreti nel fascicolo processuale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio di economia processuale e di rigore argomentativo. Le parti che intendono sollevare una questione legata a una causa di proscioglimento devono farlo sulla base di elementi fattuali e giuridici concreti, non su mere ipotesi. Per i professionisti legali, ciò significa che un ricorso basato su una generica doglianza di mancata motivazione, senza indicare quali specifici elementi avrebbero dovuto condurre al proscioglimento, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Per i cittadini, la decisione conferma che il processo penale avanza solo in presenza di presupposti solidi, evitando dilatazioni dei tempi basate su questioni non adeguatamente supportate dalle prove e dagli atti.

Quando è obbligatoria una motivazione specifica per il mancato proscioglimento?
La motivazione specifica è obbligatoria solo quando dagli atti del processo o dalle deduzioni delle parti emergano elementi concreti che indichino la possibile applicazione di una causa di non punibilità (ex art. 129 c.p.p.).

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile per il ricorrente?
In base a questa ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso quattromila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Cosa significa che la motivazione del giudice può essere “implicita”?
Significa che, in assenza di elementi concreti che suggeriscano una causa di proscioglimento, si presume che il giudice abbia effettuato la verifica richiesta dalla legge e non abbia trovato i presupposti per l’applicazione. La sua decisione di non prosciogliere contiene in sé, implicitamente, questa valutazione negativa, senza necessità di esplicitarla ulteriormente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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