Ricorso Inammissibile: Quando la Strategia Difensiva si Scontra con le Regole Processuali
L’esito di un processo penale dipende non solo dalla fondatezza delle accuse, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto di riflessione fondamentale su come un ricorso inammissibile possa derivare da scelte strategiche errate o dalla tardiva presentazione di determinate questioni. Il caso analizzato riguarda un imputato che, dopo aver scelto il rito abbreviato condizionato, ha visto la sua impugnazione naufragare davanti alla Suprema Corte per motivi strettamente procedurali. Approfondiamo la vicenda per capire i principi affermati dai giudici.
I Fatti del Processo
Il percorso giudiziario inizia con una sentenza di condanna a due anni, due mesi e venti giorni di reclusione emessa dal G.I.P. del Tribunale. La decisione viene successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato, decide di presentare ricorso per cassazione, affidando le sue speranze di annullamento della sentenza a due specifici motivi di impugnazione.
L’Appello in Cassazione e il Ricorso Inammissibile
I motivi presentati dall’imputato alla Corte di Cassazione erano due e ben distinti:
1. Violazione del diritto di difesa: Il ricorrente sosteneva che, pur avendo optato per un giudizio abbreviato condizionato all’esame di un testimone, la sua condanna si era basata su prove documentali non presenti nel fascicolo al momento della scelta del rito. A suo dire, questo avrebbe violato gli articoli 24 e 111 della Costituzione.
2. Omessa motivazione: Il secondo motivo criticava la sentenza d’appello per non aver motivato in merito ad argomentazioni presentate in motivi aggiuntivi, relative alla mancanza della firma su un’autocertificazione necessaria per accedere a un beneficio statale.
Questi argomenti, tuttavia, non hanno convinto la Suprema Corte, che ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha analizzato separatamente i due motivi, giungendo a conclusioni nette e basate su consolidati principi di diritto processuale.
Il Primo Motivo: Manifestamente Infondato
I giudici hanno definito il primo motivo ‘manifestamente infondato’. La Corte ha osservato che la responsabilità penale dell’imputato era stata accertata proprio sulla base delle dichiarazioni del testimone la cui audizione era stata posta come condizione per accedere al rito abbreviato. In altre parole, la prova decisiva era esattamente quella che la difesa aveva richiesto di assumere. Di conseguenza, non poteva esserci alcuna violazione del diritto di difesa, poiché la condanna era scaturita direttamente dall’esito della prova richiesta e ammessa.
Il Secondo Motivo: Inammissibilità per Novità della Questione
Ancora più netta è stata la decisione sul secondo motivo. La Corte ha rilevato che la questione relativa alla mancata firma sull’autocertificazione non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ovvero nell’atto di appello. Era stata introdotta per la prima volta solo in sede di ricorso per cassazione. La legge processuale, però, è chiara: non è possibile presentare in Cassazione motivi ‘nuovi’, cioè questioni che non siano state precedentemente sottoposte al giudice dell’appello. Pertanto, la Corte d’Appello non aveva alcun obbligo di motivare su un punto che non le era stato devoluto, rendendo il motivo inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce due principi cardine della procedura penale. In primo luogo, la scelta di un rito speciale come l’abbreviato condizionato comporta l’accettazione delle sue conseguenze: se la prova richiesta si rivela sfavorevole, non si può successivamente lamentare una violazione del diritto di difesa. In secondo luogo, e con ancora maggiore enfasi, viene confermato il divieto di introdurre per la prima volta in Cassazione questioni non dibattute in appello. La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.
Posso presentare in Cassazione un motivo di ricorso che non avevo sollevato in appello?
No, la Corte ha stabilito che un motivo sollevato per la prima volta in sede di ricorso per cassazione è inammissibile, poiché la questione non era stata oggetto del precedente gravame e, di conseguenza, la Corte d’Appello non era tenuta a pronunciarsi su di essa.
Se scelgo il giudizio abbreviato condizionato all’esame di un testimone, posso poi lamentarmi se vengo condannato proprio sulla base di quella testimonianza?
No. La Corte ha ritenuto il motivo infondato, poiché la responsabilità penale dell’imputato è stata provata proprio grazie alle risultanze dell’esame del teste da lui richiesto, escludendo quindi qualsiasi violazione del diritto di difesa.
Cosa succede se il mio ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in € 3.000,00.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12062 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12062 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GELA il 21/04/1962
avverso la sentenza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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Ritenuto che con sentenza depositata il 22 aprile 2024 la Corte d’appello di Caltanissetta confermava la sentenza del giorno 11 ottobre 2023 con cui il G.I.P. del Tribunale di Gela aveva applicato nei confronti di COGNOME COGNOME la pena di anni 2 e mesi 2 e giorni 20 di reclusione perché ritenuto colpevole del reato ascritto;
che per l’annullamento di predetta sentenza il prevenuto ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto affidandolo ad i motivi di impugnazione di seguito sintetizzati;
che con il primo motivo il ricorrente eccepiva la violazione di legge con riferimento agli artt. 24 e 111 Costituzione e 125 cod. proc. pen.; più in specie il ricorrente, che aveva optato per il giudizio abbreviato condizionandolo all’esame di un teste, lamentava il fatto di essere stato condannato sulla scorta delle evidenze fornite da documentazione che, al momento della scelta del rito, non erano già agli atti del fascicolo;
che con il secondo motivo eccepiva il vizio di omessa motivazione in ordine alle argomentazioni contenute nei motivi aggiuntivi e relative alla mancanza della firma sull’autocertificazione dei requisiti per accedeual reddito di cittadinanza;
letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente il 6 novembre 2024. Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il primo motivo è manifestamente infondato in quanto il ricorrente ha subordinato la scelta del rito abbreviato all’escussione di un teste ed è proprio sulle risultanze emerse dall’esame di questo che è stata provata la sua penale responsabilità in ordine al reato contestato di tal ché nessuna violazione del diritto difesa può essere invocata;
che il secondo motivo è inammissibile in quanto, non avendo formato oggetto di gravame ed essendo stato sollevato solo in sede di ricorso per cassazione nulla doveva dire in merito ad esso la Corte territoriale;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in € 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2024 Il Consigliere estensore
il Presidente