Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8426 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8426 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VITTORIA il 27/11/1982
avverso la sentenza del 13/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova in diritto premettere che, tra i requisiti del ricorso per cassazione, vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: i ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
In tal senso, rientra nella ipotesi della genericità del ricorso, non solo la aspecificità dei motivi stessi, ma anche la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005, Orrù, Rv. 230751), che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634).
Nel caso di specie, il ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice di merito, sicché gli stessi devono considerarsi non specifici.
In particolare, il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha evidenziato che l’imputato aveva posto in essere un comportamento molesto per mezzo di messaggi e pedinamenti dal 29 luglio al 19 agosto 2020.
Secondo il giudice di appello, inoltre, il contesto familiare nel quale era maturato il reato non escludeva la configurabilità dello stesso.
Infine, il giudice di merito, considerata la gravità delle offese proferite ne confronti della vittima, ha ritenuto congrua l’applicazione di una pena in misura superiore al minimo edittale.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa dì inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024