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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, sottolineando che i motivi di impugnazione devono essere specifici e non generici. In questo caso, il primo motivo mancava dei requisiti di legge e il secondo, relativo alla sostituzione della pena, è stato ritenuto manifestamente infondato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Requisiti di Specificità

Nel processo penale, la fase dell’impugnazione rappresenta un momento cruciale per la difesa. Tuttavia, per essere efficace, un ricorso deve rispettare rigorosi requisiti formali e sostanziali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di questi principi, dichiarando un ricorso inammissibile a causa della genericità dei motivi presentati. Questa decisione offre spunti fondamentali sull’onere di specificità che grava su chi intende contestare una sentenza.

Il Contesto del Caso

La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente aveva sollevato due principali censure: la prima riguardava un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata, mentre la seconda contestava il diniego della sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria.

Analisi del ricorso inammissibile per genericità del primo motivo

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato generico e, di conseguenza, inammissibile. La Suprema Corte ha evidenziato come il ricorrente non avesse rispettato i requisiti prescritti dall’articolo 581, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale. Questa norma impone di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Nel caso di specie, a fronte di una motivazione della Corte d’Appello ritenuta logicamente corretta, il ricorrente si era limitato a una censura vaga, senza specificare quali fossero gli elementi concreti alla base della sua contestazione. Questa mancanza ha impedito al giudice dell’impugnazione di individuare con chiarezza i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato sulla decisione. In sostanza, non basta affermare che una motivazione è viziata; è necessario spiegare perché, indicando con precisione le parti della sentenza che si contestano e le ragioni della presunta illogicità o contraddittorietà.

La manifesta infondatezza del secondo motivo

Il secondo motivo, con cui si lamentava la mancata sostituzione della pena detentiva, è stato dichiarato manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha ricordato che la scelta di concedere o meno la sostituzione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato fornendo una motivazione adeguata. Nel caso esaminato, la Corte territoriale aveva rigettato l’istanza con argomenti logici e giuridici corretti. Poiché la decisione era stata motivata in modo congruo, la Cassazione ha ritenuto di non poterla sindacare, confermando la correttezza dell’operato del giudice di secondo grado.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito due principi cardine della procedura penale. In primo luogo, l’atto di impugnazione deve avere un contenuto specifico e non può limitarsi a una critica generica del provvedimento impugnato. L’appellante ha l’onere di condurre un’analisi critica della decisione, evidenziando in modo puntuale gli errori di fatto o di diritto che intende far valere. In secondo luogo, il controllo di legittimità della Cassazione sulle decisioni di merito, come quella relativa alla sostituzione della pena, è limitato alla verifica della correttezza logica e giuridica della motivazione, senza poter entrare nel merito delle valutazioni discrezionali del giudice precedente.

Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Tale esito ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: la redazione di un atto di impugnazione richiede la massima cura e precisione. Una difesa efficace non può prescindere dalla capacità di formulare censure specifiche, dettagliate e giuridicamente fondate, pena la dichiarazione di ricorso inammissibile e la cristallizzazione della sentenza impugnata.

Quando un motivo di ricorso viene considerato ‘generico’?
Un motivo di ricorso è considerato ‘generico’ quando non indica specificamente gli elementi di fatto e le ragioni di diritto che lo sostengono, impedendo così al giudice di individuare con precisione le censure mosse contro la sentenza impugnata, come richiesto dall’art. 581 c.p.p.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria da versare alla Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

Può la Corte di Cassazione riesaminare la decisione di un giudice di non sostituire una pena detentiva con una pecuniaria?
No, se la decisione del giudice di merito è basata sul suo potere discrezionale e motivata con argomenti logici e giuridici corretti. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è mancante, illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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