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Ricorso inammissibile: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici e non contestavano specificamente la motivazione della Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende, confermando che una semplice richiesta di pena più mite non costituisce un valido motivo di impugnazione.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: le conseguenze di motivi di appello generici

Quando si presenta un’impugnazione in Corte di Cassazione, la precisione è tutto. Un recente provvedimento ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso inammissibile perché basato su motivi generici non solo viene respinto, ma comporta anche serie conseguenze economiche per chi lo propone. La Suprema Corte ha chiarito che non è sufficiente lamentare una pena ritenuta eccessiva; è necessario demolire, punto per punto, la logica della decisione del giudice precedente.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Un imputato, ritenendo ingiusta la pena comminata, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I suoi motivi di doglianza si concentravano sulla determinazione della pena, sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e sull’applicazione della recidiva. In sostanza, la difesa si limitava a richiedere una pena più mite, senza però fornire argomentazioni specifiche che potessero evidenziare un’effettiva illogicità o una violazione di legge nella motivazione della Corte d’Appello.

Il principio di diritto: perché un ricorso inammissibile comporta sanzioni?

L’ordinanza in esame applica l’articolo 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso, la parte privata che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se il ricorso è dichiarato inammissibile, scatta un’ulteriore condanna: il pagamento di una somma pecuniaria in favore della cassa delle ammende. Questa sanzione ha uno scopo dissuasivo, mirando a scoraggiare impugnazioni palesemente infondate o puramente dilatorie, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, definendo i motivi come ‘aspecifici’. I giudici hanno osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘adeguata’ e ‘puntuale’ su tutti i punti contestati: la dosimetria della pena, il diniego delle attenuanti e la recidiva. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente si era limitato a invocare una ‘pena più mite’, senza indicare concretamente dove risiedesse il ‘vizio di illogicità’ del ragionamento dei giudici di secondo grado. Questa genericità ha reso il ricorso incapace di superare il vaglio di ammissibilità, trasformandolo in un atto processuale inefficace.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per la difesa

Questa decisione sottolinea un’importante lezione per ogni difensore: un ricorso in Cassazione non è una semplice riproposizione delle proprie tesi. Deve essere un’analisi critica e chirurgica della sentenza impugnata, capace di evidenziare vizi specifici di legittimità. Chiedere genericamente uno ‘sconto di pena’ equivale a presentare un’istanza priva di fondamento giuridico, con il risultato non solo di vedere confermata la condanna, ma anche di subire ulteriori sanzioni economiche. La specificità dei motivi è, dunque, il presupposto indispensabile per un’efficace tutela dei diritti in sede di legittimità.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte lo respinge senza esaminarne il merito, poiché manca dei requisiti richiesti dalla legge. In questo caso, la mancanza era la specificità dei motivi, che erano troppo generici.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
Secondo la decisione, che applica l’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000,00 euro.

Perché i motivi del ricorso sono stati considerati ‘aspecifici’ in questo caso?
Perché, a fronte di una motivazione puntuale della Corte d’Appello sulla determinazione della pena, il ricorso si è limitato a invocare una pena più mite, senza indicare in modo concreto e argomentato quale fosse il vizio di illogicità del provvedimento impugnato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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