Ricorso inammissibile: la Cassazione boccia le censure ripetitive
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non basta essere convinti delle proprie ragioni: è fondamentale presentare motivi di diritto validi e nuovi. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito un principio cardine della procedura penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando ci si limita a riproporre le stesse argomentazioni già bocciate in appello. Questa decisione offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.
Il caso in esame: un appello senza novità
La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva impugnato la decisione di secondo grado, lamentando, tra le altre cose, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Tuttavia, l’atto presentato alla Corte di Cassazione non introduceva nuovi profili di violazione di legge, ma si limitava a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dai giudici d’appello.
La Corte d’Appello aveva infatti adeguatamente motivato la propria decisione, spiegando con argomenti giuridicamente corretti le ragioni ostative alla concessione delle attenuanti, superando così le argomentazioni difensive. Il tentativo di riproporre tali questioni in sede di legittimità si è scontrato con le rigide regole che governano il giudizio della Cassazione.
Le motivazioni della Corte sul ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione tanto sintetica quanto chiara. I giudici hanno sottolineato che i motivi dedotti “non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità”.
La ragione di tale rigore risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione, che non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è quello di rivalutare i fatti o la fondatezza delle prove, ma unicamente di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.
Nel caso specifico, i motivi del ricorso erano costituiti da “mere doglianze riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi”. In altre parole, il ricorrente ha chiesto alla Cassazione di esprimere una nuova valutazione su questioni di merito che la Corte d’Appello aveva già risolto con argomenti giuridici corretti. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle funzioni della Suprema Corte, rendendo l’impugnazione, per l’appunto, inammissibile.
Le conclusioni: conseguenze e implicazioni pratiche
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o meramente dilatori.
Questa ordinanza è un monito fondamentale: per affrontare con successo il giudizio di Cassazione, è indispensabile concentrarsi su vizi di legittimità, come la violazione di legge o il vizio di motivazione, e non sperare in una nuova valutazione dei fatti. Un ricorso che si limita a ripetere le argomentazioni già respinte in appello è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile, con un aggravio di spese per il proponente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e respinte con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (la Corte d’Appello).
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
In base a questa ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
È possibile riproporre in Cassazione gli stessi argomenti della difesa presentati in Appello?
No, non è possibile se questi si configurano come mere doglianze riproduttive già valutate e respinte. Il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge) e non può chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati nel merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22753 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 177 – R.G. n. 1727/24
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 5 là dove la Corte di appello ha evidenziato gli elementi ostativi al riconoscimento delle attenuanti generiche, che pertanto venivano a superare quelli addotti dalla difesa);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024.