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Ricorso inammissibile: quando è una mera rilettura

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, ribadendo che non è possibile chiedere in sede di legittimità una semplice rivalutazione delle prove, come l’identificazione da video, già logicamente analizzate nei gradi di merito. Il ricorso era una mera ripetizione di argomenti fattuali già respinti, senza sollevare questioni di diritto.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Divieto di Rivalutare i Fatti

Quando un imputato viene condannato, ha il diritto di impugnare la sentenza. Tuttavia, il ricorso alla Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha chiarito, ancora una volta, che un ricorso inammissibile è quello che si limita a proporre una diversa lettura delle prove, senza evidenziare reali vizi di legge. Analizziamo questa importante ordinanza.

Il caso in esame: l’identificazione tramite videosorveglianza

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo, la cui responsabilità penale era stata accertata principalmente attraverso le immagini di un sistema di videosorveglianza. La difesa aveva contestato la validità di tale identificazione, sostenendo che un testimone, in dibattimento, non era stato in grado di riconoscere l’imputato confrontando la sua vecchia foto sul documento d’identità con i fermo immagine del video.

La Corte d’Appello aveva respinto questa tesi, ritenendo molto più affidabile l’identificazione effettuata dagli inquirenti pochi giorni dopo il fatto. In quell’occasione, gli operatori avevano confrontato direttamente la persona fisica dell’imputato con i fotogrammi, riconoscendolo con certezza. La Corte aveva sottolineato come l’identificazione avvenuta a distanza di anni, basata su una foto non recente che ritraeva l’imputato con un’acconciatura diversa, fosse evidentemente meno attendibile.

I motivi del ricorso inammissibile secondo la Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, riproponendo sostanzialmente le stesse critiche alla valutazione delle prove. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni fondamentali.

La distinzione tra Giudizio di Merito e Giudizio di Legittimità

Il primo punto, cruciale, è la natura del giudizio di Cassazione. Questa Corte non è un ‘terzo giudice del fatto’. Il suo compito non è rivalutare le prove (come testimonianze o video) per decidere se l’imputato sia colpevole o innocente. Il suo ruolo è quello di ‘giudice della legge’, ovvero verificare che i giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

Chiedere alla Cassazione di preferire la testimonianza in aula rispetto all’identificazione fatta dagli inquirenti è una richiesta di rivalutazione del merito, estranea al suo sindacato.

Ripetitività e Genericità dei Motivi

Il ricorso è stato giudicato inammissibile anche perché si limitava a riproporre le stesse ‘doglianze’ già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso efficace deve individuare con precisione i vizi logici o giuridici del ragionamento del giudice precedente, non limitarsi a esprimere un generico dissenso sulla sua conclusione.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come il ragionamento della Corte d’Appello fosse ‘logico, congruo e corretto in punto di diritto’. I giudici d’appello avevano chiaramente spiegato perché l’identificazione effettuata nell’immediatezza dei fatti e sulla persona fisica fosse più attendibile di un riconoscimento tentato anni dopo su una vecchia fotografia. Questa motivazione era immune da vizi di legittimità.

Secondo la Cassazione, l’appellante non si era confrontato adeguatamente con queste argomentazioni, ma aveva tentato di ‘trasformare la Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto’. Questo modo di procedere, come stabilito da consolidata giurisprudenza, rende il ricorso inammissibile.

le conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, due conseguenze per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento per far valere errori di diritto, non per tentare una terza volta di vincere una battaglia sui fatti già persa nei precedenti gradi di giudizio. Una strategia difensiva che non tiene conto di questa fondamentale distinzione è destinata a fallire, con ulteriori costi per l’imputato.

Perché un ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava vizi di legge o di motivazione, ma si limitava a proporre una diversa interpretazione delle prove (in particolare, l’identificazione tramite video) già valutate correttamente dalla Corte d’Appello. Questo equivale a una richiesta di riesame dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Quale tipo di identificazione è stata ritenuta più affidabile dalla Corte?
La Corte ha ritenuto più affidabile l’identificazione effettuata dagli operatori di polizia a pochi giorni dai fatti, confrontando direttamente la persona dell’imputato con i filmati della videosorveglianza, rispetto a quella tentata in dibattimento anni dopo da un testimone sulla base di una vecchia foto-documento che ritraeva l’imputato con un aspetto diverso.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende, a meno che non si dimostri di non avere colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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