Ricorso inammissibile: quando l’appello in Cassazione è un inammissibile riesame dei fatti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. Quando un’impugnazione si trasforma in una richiesta di riesame dei fatti, il risultato è un ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa decisione per capire meglio i confini del ricorso per cassazione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Palermo, ha presentato ricorso per cassazione. Nel suo unico motivo, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla valutazione delle prove. Sosteneva, in particolare, che gli indizi posti a fondamento della sua condanna fossero privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 192 del codice di procedura penale. In sostanza, l’imputato chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare il materiale probatorio e di giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito.
La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali: la natura del giudizio di legittimità e la specificità dei motivi di ricorso.
La Valutazione delle Prove è Riservata al Giudice di Merito
I giudici hanno sottolineato che le censure del ricorrente erano interamente “versate in fatto”. Questo significa che, invece di individuare errori nell’applicazione della legge o palesi illogicità nella motivazione della sentenza d’appello, l’imputato stava semplicemente sollecitando una “non consentita rivalutazione della provvista probatoria”. La Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di stabilire se le prove (come la testimonianza della persona offesa) siano state valutate correttamente nel merito, ma solo se la motivazione dei giudici di grado inferiore sia esente da “fratture logiche”. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, non c’era spazio per un intervento della Suprema Corte.
La Parte Civile e il Diritto alle Spese Processuali
Un aspetto interessante della decisione riguarda la parte civile. Di norma, quando il ricorso dell’imputato è dichiarato inammissibile, la parte civile ha diritto alla liquidazione delle spese processuali sostenute. Tuttavia, in questo caso, la Corte ha negato tale diritto. La motivazione risiede nel comportamento processuale della parte civile stessa: essa si era limitata a presentare le proprie conclusioni, senza svolgere un’attività diretta a contrastare attivamente le tesi del ricorrente e senza fornire un “utile contributo alla decisione”. Questo principio, consolidato in giurisprudenza, stabilisce che il rimborso è dovuto solo se la parte civile partecipa attivamente al dibattito processuale.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte sono chiare e didattiche. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato “a-specifico”, ovvero una mera riproposizione delle doglianze già presentate e respinte in appello, senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. I giudici territoriali, inoltre, avevano vagliato e superato tali argomenti con una motivazione non manifestamente illogica, basandosi non solo sulla testimonianza principale ma anche su dichiarazioni di testimoni neutrali e su una valutazione complessiva e non “atomistica” delle risultanze investigative. Dichiarando il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della “colpa connessa all’irritualità dell’impugnazione”.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza la funzione della Corte di Cassazione come giudice della legge e non del fatto. Chi intende presentare un ricorso deve essere consapevole che non può chiedere una terza valutazione delle prove, ma deve individuare specifici errori giuridici o vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza precedente. In caso contrario, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche significative per il ricorrente. Allo stesso tempo, la decisione ricorda alla parte civile che il diritto alla rifusione delle spese processuali non è automatico, ma è subordinato a una partecipazione attiva e costruttiva al giudizio di legittimità.
 
Perché un ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile perché le censure del ricorrente non riguardavano errori di diritto, ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Cosa significa che le censure del ricorrente erano ‘a-specifiche’?
Significa che erano generiche e si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza confrontarsi criticamente e in modo specifico con la motivazione della sentenza impugnata.
Perché alla parte civile non sono state liquidate le spese processuali, nonostante l’inammissibilità del ricorso?
Perché, secondo la Corte, la parte civile non ha svolto un’attività processuale attiva volta a contrastare le tesi del ricorrente. Si è limitata a presentare le proprie conclusioni, senza fornire un contributo utile alla decisione, condizione necessaria per ottenere la liquidazione delle spese.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3509 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3509  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo, affidando il ricorso ad un unico motivo con il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di valutazione delle prove, lamentando come gli indizi posti a fondamento della affermazione di responsabilità siano privi dei requisiti richiesti dall’art. 192 cod. proc. pen.;
Lette le conclusioni della parte civile che ha insistito per la conferma della sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che le censure del ricorrente sono interamente versate in fatto e sollecitano questa Corte a una non consentita rivalutazione della provvista probatoria e indiziaria e, segnatamente, del narrato della persona offesa che, invece, con motivazione scevra da fratture logiche, è stata ritenuta dai Giudici di merito pienamente attendibile;
rilevato altresì che si tratta di doglianze a-specifiche, prive di adeguato confronto con la motivazione dei giudici di merito, costituendo mera riproposizione di doglianze contenute nell’atto di appello e che la Corte territoriale ha – con motivazione non manifestamente illogica – vagliato e superato, anche alla stregua delle dichiarazioni di testimoni neutrali (p. da 3 a 5 della sentenza di appello), ponendo in rilievo come la valutazione non atomistica delle risultanze investigative portasse alla affermazione della responsabilità dell’imputato per il reato contestatogli;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
ritenuto altresì che nulla è dovuto alla parte civile posto che, pur aderendo il Collegio al consolidato orientamento secondo cui, nel giudizio di legittimità, quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 3,n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713), nel caso di specie la parte civile si è limitata a rendere le proprie conclusioni e non svolto nessuna attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura risarcitoria, non fornendo, pertanto, un utile contributo alla decisione; 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente