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Ricorso inammissibile: quando è un ‘non motivo’

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per truffa, furto e uso indebito di carte. La Corte stabilisce che il motivo d’appello, basato su una generica richiesta di verifica di cause di non punibilità, costituisce un ‘non motivo’ in quanto non si confronta specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, rendendo così l’impugnazione priva dei requisiti essenziali.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Concetto di “Non Motivo”

Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenzione scrupolosa ai requisiti di forma e di sostanza previsti dalla legge. Un’impugnazione formulata in modo generico, senza un confronto critico e specifico con la decisione impugnata, rischia di essere classificata come ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questo principio, introducendo il concetto di “non motivo” come causa di inammissibilità e sottolineando l’importanza di un dialogo puntuale con la ratio decidendi della sentenza di merito.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che aveva confermato la condanna di un imputato per una serie di reati: due truffe, un furto aggravato e l’indebito utilizzo di una carta bancomat, tutti considerati in continuazione tra loro. Contro questa decisione, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo.

L’Appello in Cassazione

Il ricorso si fondava sulla presunta violazione dell’articolo 129 del codice penale. In sostanza, la difesa lamentava che la Corte territoriale avesse omesso di compiere una valutazione approfondita circa “l’eventuale esistenza di una qualsiasi causa di non punibilità”. La critica, tuttavia, era formulata in termini astratti e postulava semplicemente un’omissione, senza indicare quale specifica causa di non punibilità sarebbe stata trascurata né perché la motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata errata su questo punto.

Le Motivazioni: Il Ricorso Inammissibile come “Non Motivo”

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una duplice e solida motivazione.

La Genericità del Motivo d’Appello

In primo luogo, i giudici hanno qualificato il motivo presentato come un “non motivo”. Questo concetto si applica quando l’atto di impugnazione non articola un vero e proprio difetto della sentenza (come mancanza di motivazione, contraddittorietà, manifesta illogicità o violazione di legge), ma si limita a una critica generica e assertiva. Un ricorso, per essere ammissibile, deve confrontarsi direttamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, evidenziandone gli errori specifici. Limitarsi a postulare un’omissione, come nel caso di specie, non soddisfa il requisito di specificità richiesto dall’articolo 606 del codice di procedura penale. La funzione dell’impugnazione non è quella di sollecitare un riesame generale, ma di criticare puntualmente le ragioni della decisione.

Il Mancato Confronto con la Ratio Decidendi

In secondo luogo, la Corte ha rilevato un’ulteriore e decisiva ragione di inammissibilità. Il ricorso ignorava completamente la ratio decidendi della sentenza d’appello. Nelle sue motivazioni, la Corte territoriale aveva esplicitamente escluso l’intervenuta prescrizione dei reati, spiegando che il decorso del tempo era stato interrotto da periodi di sospensione emersi già nella sentenza di primo grado. Il ricorrente, non affrontando minimamente questa specifica argomentazione, ha dimostrato di non essersi confrontato con il nucleo motivazionale della decisione, rendendo il suo appello privo di pertinenza e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la redazione di un ricorso per Cassazione è un’attività tecnica che non ammette approssimazioni. Non è sufficiente enunciare un principio di diritto o lamentare genericamente una violazione di legge. È necessario che l’atto di impugnazione si cali nella realtà processuale, analizzando criticamente ogni passaggio della motivazione della sentenza che si intende contestare. Ignorare la ratio decidendi o formulare censure astratte equivale a presentare un “non motivo”, con la conseguenza inevitabile di un ricorso inammissibile. Oltre alla definitività della condanna, ciò comporta per il ricorrente anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento considera il corretto esercizio del diritto di impugnazione.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato un ‘non motivo’?
Un ricorso viene considerato un ‘non motivo’ quando è formulato in modo generico, vago o astratto e non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, mancando di articolare un vizio concreto come la mancanza di motivazione, la contraddittorietà o la violazione di legge.

Qual è la conseguenza di un ricorso inammissibile?
La conseguenza principale è che la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il mancato confronto con la ‘ratio decidendi’ rende un ricorso inammissibile?
Perché la ‘ratio decidendi’ è il cuore della motivazione di una sentenza. Ignorarla significa non contestare le ragioni effettive della decisione, rendendo l’impugnazione inefficace e non pertinente, poiché non assolve alla sua funzione di critica puntuale del provvedimento giudiziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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