Ricorso inammissibile: quando la genericità costa cara
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più negativi per chi decide di impugnare una sentenza. Non solo la richiesta viene respinta senza neppure essere esaminata nel merito, ma possono scattare anche pesanti sanzioni economiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i criteri che portano a questa declaratoria, sottolineando come la genericità e la non pertinenza dei motivi di ricorso costituiscano un errore fatale. Analizziamo insieme questo caso per comprendere quali sono i requisiti di un ricorso efficace e quali errori evitare.
Il Contesto del Caso Giudiziario
La vicenda trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bari per il reato di furto aggravato. L’imputato, non accettando la conferma della sua condanna, ha deciso di giocare l’ultima carta, rivolgendosi ai giudici di legittimità per cercare di ottenere l’annullamento della sentenza.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
L’esito del ricorso è stato netto e sfavorevole per il ricorrente. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiudendo di fatto la porta a qualsiasi riesame della vicenda. Questa decisione non è stata presa alla leggera, ma si è basata su una valutazione precisa dei motivi presentati, ritenuti del tutto inadeguati a superare il vaglio di ammissibilità richiesto per un giudizio in Cassazione.
Genericità e Asserti Non Pertinenti
Il cuore della decisione risiede nella constatazione che i motivi di ricorso erano completamente generici. Invece di sollevare specifiche ‘censure di legittimità’, ovvero critiche precise sulla violazione di norme di legge da parte della Corte d’Appello, il ricorrente si è limitato a formulare critiche vaghe come ‘l’erronea valutazione dei fatti’ e a richiamare la propria personalità, senza però collegare questi elementi a un vizio giuridico della sentenza impugnata. In pratica, il ricorso non spiegava perché la sentenza fosse sbagliata secondo la legge, ma si limitava ad affermarlo.
L’Errore Clamoroso: la Citazione di una Norma Inapplicabile
A rendere ancora più evidente la debolezza del ricorso è stato un errore macroscopico. Uno dei motivi faceva riferimento all’articolo 186-bis del Codice della Strada, una norma che non aveva alcuna attinenza con il reato di furto aggravato per cui era stata emessa la condanna. Questo svarione ha dimostrato, agli occhi della Corte, la superficialità e la mancanza di rigore nella preparazione dell’atto di impugnazione, confermando la sua natura generica e non mirata.
Le Conseguenze Economiche di un Ricorso Inammissibile
La declaratoria di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche significative per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato questa sanzione aggiuntiva ravvisando ‘profili di colpa’ nella proposizione di un’impugnazione ‘evidente inammissibilità’, una misura volta a scoraggiare ricorsi futili o palesemente infondati che intasano il sistema giudiziario.
le motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che i motivi di ricorso erano meri ‘asserti del tutto generici’ e non ‘effettive censure di legittimità’. I giudici hanno sottolineato come il ricorso, lungi dal contestare specifici errori di diritto della sentenza di secondo grado, si limitasse a riproporre doglianze sul merito dei fatti e sulla personalità dell’imputato. L’incredibile riferimento a una norma del Codice della Strada, totalmente estranea al procedimento, è stato considerato l’emblema della genericità e della mancanza di specificità dell’impugnazione, rendendola palesemente inammissibile. La condanna alla sanzione pecuniaria è stata giustificata dalla colpa del ricorrente nell’aver intrapreso un’azione legale priva di ogni fondamento giuridico.
le conclusioni
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Per avere una possibilità di successo, un ricorso deve essere specifico, pertinente e tecnicamente ineccepibile. La genericità, le affermazioni vaghe e, a maggior ragione, gli errori grossolani non solo portano a una declaratoria di ricorso inammissibile, ma espongono il ricorrente a sanzioni economiche che possono essere anche molto onerose. È un monito per gli operatori del diritto a preparare con la massima diligenza gli atti di impugnazione e per i cittadini a comprendere che non ogni sentenza può essere utilmente contestata in sede di legittimità.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici, non specificano le violazioni di legge commesse dal giudice precedente, o contengono errori evidenti, come la citazione di norme non pertinenti al caso in esame.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, in caso di colpa dovuta a un’evidente infondatezza, può essere anche condannata a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Qual è lo scopo della condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende?
Ha una funzione sanzionatoria e deterrente. Serve a penalizzare l’abuso dello strumento processuale e a scoraggiare la presentazione di ricorsi futili o palesemente infondati che gravano inutilmente sul lavoro della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21364 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21364 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/06/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bari che ne ha confermato la condanna per furto aggravato;
ritenuto che i due motivi di ricorso – che, rispettivamente, assumono la violazione della legge penale, «l’erronea valutazione dei fatti», la mancanza, richiamando altresì la personalità dell’imputato; nonché censurano il trattamento sanzionatorio lungi dal muovere effettive censure di legittimil:à alla sentenza di secondo grado, contengono asserti del tutto generici (pure non compiutamente riferibili al caso di specie, avendo il primo motivo fatto riferimento, peraltro, al reato di cui all’art. 186-bis, comma 2, d. Igs. 285/1992, non in contestazione: Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma ammende. di euro tremila in favore della Cassa delle