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Ricorso inammissibile: quando è tardivo l’appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché presentato oltre i termini di legge. L’appello, depositato il 12 luglio 2023, è stato giudicato tardivo rispetto alla data di deposito delle motivazioni della sentenza impugnata (10 maggio 2023), superando il limite massimo di 30 giorni. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Importanza Cruciale del Rispetto dei Termini Processuali

Nel diritto processuale, il rispetto dei termini è un principio fondamentale che garantisce la certezza del diritto e il corretto svolgimento del processo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza le conseguenze di un’impugnazione tardiva, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese. Questo caso offre un’importante lezione sull’inderogabilità delle scadenze legali.

I Fatti del Caso: Un Appello Presentato Fuori Termine

La vicenda trae origine da una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova in data 29 marzo 2023. In quella sede, la Corte si era riservata 45 giorni per il deposito delle motivazioni della decisione. Tale deposito è effettivamente avvenuto in data 10 maggio 2023.

A partire da quest’ultima data, la parte soccombente aveva a disposizione un termine massimo di 30 giorni per proporre ricorso per Cassazione. Tuttavia, l’atto di impugnazione è stato depositato solo il 12 luglio 2023, ben oltre la scadenza prevista dalla legge.

La Decisione della Cassazione e il ricorso inammissibile

Investita della questione, la Suprema Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che constatare l’evidente tardività dell’atto. Con un’ordinanza sintetica ma chiara, i giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile in quanto “intempestivo”.

La decisione sottolinea come il superamento del termine perentorio per l’impugnazione impedisca al giudice di entrare nel merito della questione. L’atto, pur formalmente esistente, è giuridicamente inefficace e non può essere esaminato.

Le Motivazioni

La motivazione alla base della decisione risiede nel calcolo matematico dei termini processuali. La legge stabilisce scadenze precise per garantire la stabilità delle decisioni giudiziarie ed evitare che i processi si protraggano all’infinito. In questo caso, il termine di 30 giorni per l’impugnazione decorreva dal 10 maggio 2023, data di deposito delle motivazioni della sentenza di secondo grado. Il deposito del ricorso, avvenuto il 12 luglio 2023, ha ampiamente superato questo limite, rendendo l’atto irricevibile.

Le Conclusioni

Le conseguenze di un ricorso inammissibile per tardività sono severe. In primo luogo, la sentenza impugnata diventa definitiva e non più contestabile. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali sostenute nello specifico grado di giudizio. Infine, come nel caso di specie, viene disposta una sanzione pecuniaria, qui quantificata in tremila euro, da versare in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza della diligenza e della precisione nel monitorare le scadenze processuali, il cui mancato rispetto può precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni in giudizio.

Cosa succede se un ricorso viene presentato oltre la scadenza prevista dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile perché intempestivo. Questo significa che il giudice non esaminerà il merito della questione e la decisione impugnata diventerà definitiva.

Come si calcolano i termini per presentare un’impugnazione in questo caso specifico?
In questa vicenda, il termine massimo di 30 giorni per proporre l’impugnazione iniziava a decorrere dalla data in cui la Corte d’Appello ha depositato le motivazioni della sua sentenza, ovvero dal 10 maggio 2023.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Secondo quanto stabilito nell’ordinanza, la parte che ha presentato il ricorso tardivo è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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