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Ricorso inammissibile: quando è solo una ripetizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza muovere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata. La Corte ha sottolineato che un ricorso non può essere una mera ripetizione, ma deve svolgere una funzione di critica puntuale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando ripetere i motivi d’appello non basta

Presentare un ricorso in Cassazione richiede più che una semplice riproposizione delle proprie ragioni. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce in modo netto perché un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile di una strategia difensiva che si limita a ripetere argomenti già esaminati e respinti, senza una critica puntuale alla sentenza di secondo grado. Questo principio è fondamentale per comprendere la funzione e i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Il ricorrente, condannato nei precedenti gradi di giudizio, ha tentato di portare le sue ragioni davanti alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questionobili, tra cui una questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 633 del codice penale e una presunta violazione di legge.

L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, rigettandoli integralmente e dichiarando il ricorso inammissibile. Le ragioni di tale decisione sono chiare e si basano su due pilastri fondamentali della procedura penale.

In primo luogo, la questione di legittimità costituzionale è stata considerata ‘manifestamente infondata’. La Corte ha infatti rilevato che la stessa questione era già stata esaminata e respinta dalla Corte Costituzionale con una recente sentenza (n. 28 del 2024). Il ricorso non aggiungeva alcun nuovo profilo di analisi, risultando quindi generico e privo di fondamento.

La Reiterazione dei Motivi d’Appello come Causa di Inammissibilità

Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso, con cui si contestava la violazione dell’art. 633 c.p. La Suprema Corte ha osservato che tali argomentazioni erano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già presentate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che i motivi del ricorso per cassazione devono essere specifici: non basta ripetere ciò che si è già detto, ma è necessario criticare in modo argomentato la decisione impugnata, evidenziandone gli errori logici o giuridici. In questo caso, i motivi erano solo ‘apparenti’, poiché non assolvevano alla funzione tipica di una critica strutturata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che, a fronte di una motivazione logica e priva di contraddizioni da parte della Corte d’Appello, le ulteriori doglianze del ricorrente non miravano a evidenziare violazioni di legge o vizi argomentativi. Al contrario, esse tentavano di sollecitare un ‘improponibile sindacato’ sulle scelte valutative dei giudici di merito, ovvero una nuova valutazione dei fatti, che è preclusa in sede di legittimità. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul fatto, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Poiché il ricorso si limitava a riproporre le censure già ritenute infondate in appello, sulla base di una motivazione adeguata e completa, è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: il ricorso per cassazione non è una seconda opportunità per discutere il merito della causa. È uno strumento tecnico che richiede una critica specifica, puntuale e argomentata contro la sentenza impugnata. La semplice riproposizione dei motivi d’appello, senza confrontarsi con la motivazione della corte di secondo grado, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso efficace richiede uno studio approfondito della sentenza d’appello per individuarne le specifiche criticità, piuttosto che insistere su argomenti già disattesi.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché si configurava come una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati e respinti in appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘apparente’ e non ‘specifico’?
Significa che il motivo, pur essendo formalmente presentato, non assolve alla sua funzione di critica argomentata contro la decisione del giudice precedente. Si limita a enunciare una presunta violazione senza confrontarsi con le ragioni esposte nella sentenza, risultando così privo di reale contenuto critico.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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