Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello
Quando un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione si trasforma in un tentativo di riesaminare i fatti o ripropone le stesse argomentazioni già respinte, il suo destino è segnato: l’inammissibilità. Una recente ordinanza della Corte chiarisce ancora una volta i paletti invalicabili per chi si appella al giudice di legittimità, sottolineando come un ricorso inammissibile sia la conseguenza di vizi tecnici che ne impediscono l’analisi nel merito.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. L’appellante lamentava, in sostanza, due principali violazioni. In primo luogo, un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata. In secondo luogo, la mancata applicazione della disciplina della continuazione tra i reati contestati e la mancata esclusione dell’aggravante della recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha rigettati entrambi, dichiarando l’intero atto inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che definiscono chiaramente i limiti del giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: Perché un Ricorso è Inammissibile?
L’ordinanza offre una lezione preziosa sui requisiti di ammissibilità di un ricorso in Cassazione. La Corte ha smontato le argomentazioni della difesa evidenziando due errori fondamentali che hanno reso il ricorso inammissibile.
Le Doglianze di Fatto non sono Ammesse
Il primo motivo di ricorso, che criticava la motivazione della sentenza d’appello, è stato liquidato come una serie di “mere doglianze in punto di fatto”. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare le prove o la ricostruzione degli eventi. Il suo compito, in “sede di legittimità”, è solo quello di controllare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi inferiori. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti è un errore che porta dritti all’inammissibilità.
La Ripetizione di Censure Già Valutate
Il secondo motivo, relativo alla continuazione e alla recidiva, è stato considerato “indeducibile” perché si limitava a riproporre censure già esaminate e respinte con argomentazioni logico-giuridiche corrette dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere valido, deve contenere una “specifica critica analisi” delle argomentazioni della sentenza impugnata, non può essere una semplice riproduzione di motivi già disattesi. La Corte ha infatti precisato che la sentenza d’appello aveva chiaramente spiegato (a pagina 3 e 4) le ragioni per cui non era stata riconosciuta la continuazione e per cui, invece, la recidiva era stata confermata sulla base della “maggiore pericolosità del reo” e della sua “più spiccata colpevolezza”.
Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve essere un atto tecnicamente rigoroso, focalizzato su questioni di diritto. Non è lo strumento per contestare l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di merito né per ripresentare, senza un’analisi critica e innovativa, le medesime difese. Per gli avvocati e i loro assistiti, la lezione è chiara: la redazione di un ricorso efficace richiede la capacità di individuare veri e propri errori di diritto nella sentenza impugnata, evitando di trasformare l’appello in un’istanza sterile e destinata al fallimento.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a presentare doglianze sui fatti del caso, che non sono riesaminabili in sede di legittimità, oppure quando ripropone censure già vagliate e respinte dai giudici di merito senza una specifica e nuova critica alle argomentazioni della sentenza impugnata.
Cosa significa che un motivo di ricorso è una “mera doglianza in punto di fatto”?
Significa che la critica mossa dal ricorrente non riguarda un errore nell’applicazione della legge (errore di diritto), ma contesta la valutazione delle prove e la ricostruzione degli eventi compiuta dal giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.
Perché la Corte ha respinto il motivo sulla mancata applicazione della continuazione e della recidiva?
La Corte lo ha ritenuto inammissibile perché era una semplice riproduzione di argomenti già adeguatamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Il ricorso non conteneva una critica specifica al ragionamento giuridico seguito dalla corte territoriale, che aveva giustificato la sua decisione sulla base della pericolosità e colpevolezza del reo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 202 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 202 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/06/1988
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME e le conclusioni depositate nell’interesse del medesimo;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che censura il vizio motivazionale in relazione agli artt. 125 comma terzo, 546 comma primo lett. e), 605 cod. proc. pen. e 111 comma sesto Cost., non è consentito dalla legge in sede di legittimità poiché costituito da mere doglianze in punto di fatto;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in ordine all’omessa applicazione della disciplina della continuazione tra i reati ed alla mancata esclusione della recidiva contestata, è indeducibile poiché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e, perciò, non scandito da specifica critica analisi delle argomentazioni base della sentenza impugnata (si veda, in particolare, pag. 3 della sentenza impugnata sulle ragioni ostative al riconoscimento della continuazione e pag. 4 quanto alla ritenuta recidiva, pertinentemente contestata per le modalità dei fatti costituenti piena prova della maggiore pericolosità del reo e della sua più spiccata colpevolezza);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 03/12/2024