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Ricorso inammissibile: quando è ripetitivo e generico

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2248/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate in appello. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è rivalutare i fatti, ma controllare la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici, pertinenti e non una semplice ripetizione di quanto già discusso nei gradi precedenti. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 2248 del 2024, offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, sottolineando i confini del giudizio di legittimità e la necessità di argomentazioni solide. Questo caso ci permette di analizzare perché un’impugnazione può essere rigettata prima ancora di entrare nel merito delle questioni.

Il Contesto Processuale

La vicenda nasce da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Perugia. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di secondo grado, sollevando diverse critiche relative alla motivazione della sentenza. In particolare, le doglianze si concentravano sulla mancata applicazione dell’ipotesi di reato di minore gravità e sul diniego delle circostanze attenuanti.

Le Ragioni del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha ritenuti non meritevoli di accoglimento, dichiarando l’impugnazione inammissibile per due ragioni principali.

1. La Ripetitività e Genericità dei Motivi

Il primo punto cruciale evidenziato dalla Corte è che i motivi del ricorso erano ‘meramente ripetitivi’ di deduzioni già formulate nel grado precedente. In altre parole, l’appellante non ha introdotto nuovi e specifici profili di illegittimità della sentenza d’appello, ma si è limitato a riproporre le stesse critiche già respinte. La Cassazione ha definito tali argomentazioni come un ‘mero esercizio di stile, privo di pregnanza giustificativa’, evidenziando la mancanza di sostanza delle critiche mosse.

2. Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti

Il secondo aspetto, di fondamentale importanza nel diritto processuale, riguarda i limiti del giudizio della Corte di Cassazione. Il ricorrente chiedeva, di fatto, una nuova valutazione delle prove e delle circostanze del caso. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il suo compito non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), ma solo di verificare la coerenza e la logicità dell’apparato motivazionale della sentenza impugnata. Non è consentito ‘saggiare la tenuta logica della pronuncia’ confrontandola con ‘altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno’. Il giudice di legittimità si limita a controllare che la decisione sia stata giustificata in modo adeguato e non contraddittorio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Nel dettaglio, la Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello fosse ‘adeguatamente motivata’ in ogni sua parte rilevante. I giudici di merito avevano spiegato in modo logico perché non fosse applicabile l’ipotesi di minore gravità, facendo riferimento a elementi concreti come la ‘varietà merceologica’ e le ‘conoscenze dell’imputato’. Allo stesso modo, anche la decisione di non concedere le circostanze attenuanti era stata supportata da una motivazione sufficiente.
Poiché il ricorso si risolveva in critiche non consentite all’apparato motivazionale e nella ripetizione di argomenti già vagliati, la Corte non ha potuto fare altro che dichiararlo inammissibile.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza conferma che per avere successo in Cassazione non basta essere in disaccordo con la decisione precedente. È necessario individuare vizi specifici della sentenza, come un’evidente illogicità della motivazione o una violazione di legge. Un ricorso inammissibile non solo non porta alla riforma della sentenza, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. In questo caso, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione serve da monito: il ricorso per cassazione è uno strumento straordinario, da utilizzare solo in presenza di vizi concreti e non come un terzo tentativo di ottenere una valutazione dei fatti più favorevole.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono meramente ripetitivi di argomentazioni già presentate e respinte nei gradi precedenti, oppure quando si risolvono in critiche generiche alla motivazione o in una richiesta di riesaminare i fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Può la Corte di Cassazione valutare nuovamente le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Il suo ruolo è limitato al controllo della coerenza logica e della correttezza giuridica della motivazione della sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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