Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24171 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24171 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PLATI’ il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Letta la memoria con cui il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, insist nell’accoglimento del ricorso;
Ritenuto che il ricorso deduca motivi manifestamente infondati in quanto:
il primo motivo sulla competenza a provvedere non tiene conto della circostanza che la competenza a provvedere deriva non dal nome attribuito all’istanza dalla parte (nella specie, correzione di errore materiale), ma dal contenuto della stessa, e nel caso in esame con la richiesta rivolta all’autorità giudiziaria di rideterminare la data di inizio della permanenza reato associativo per cui il ricorrente è stato condannato, interpretando il contenuto del motivazione della sentenza di condanna (“laddove l’inizio della condotta del delitto di cui all’ 416-bis cod. pen è stata indicata nell’anno 2007 anziché “quantomeno dall’anno 1996″ come correttamente motivato nella parte motiva della sentenza”, pag. 1 del ricorso) il ricorrente h formulato una richiesta che andava oltre i limiti della procedura di cui all’art. 130 cod. proc. e che correttamente è stata decisa dal giudice dell’esecuzione, cui spetta, entro certi limiti potere di interpretazione del giudicato (Sez. 1, Sentenza n. 16039 del 02/02/2016, Violino, Rv. 266624);
– il secondo motivo sulla procedura seguita dal giudice dell’esecuzione, che ha dichiarato l’istanza inammissibile de plano in quanto meramente reiterativa, è manifestamente infondato, perché effettivamente nella precedente ordinanza della Corte di appello di Reggio Calabria del 25 luglio 2022 la questione della data di inizio della permanenza del reato associativo per cui ricorrente è stato condannato con la sentenza della Corte di appello di Torino del 20 aprile 2018 è stata esaminata a pag. 1 (“la difesa rappresenta quanto alla sentenza n. 7 che nel provvedimento di esecuzione è erroneamente indicata la data dell’accertamento del reato, accertato nel 2007, permanente fino al 22 novembre 2013, mentre per quanto riguarda la posizione del COGNOME la data di contestazione dell’imputazione è la seguente “affiliato all ndrangheta quantomeno dall’anno 1996 quando deteneva la dote di camorrista”), ed a pag. 5 (“del tutto irrilevante ed ininfluente è poi l’indicazione della data di inizio del commesso r di cui alla sentenza n. 7 ai fini della formazione del cumulo, per cui ciò che rileva è solo la di cessazione della permanenza del reato associativo, individuata così come statuito dalla costante giurisprudenza di legittimità nella data della pronuncia di primo grado”); il motivo ricorso sostiene che la istanza presentata era nuova perché rivolta in quella precedente sede alla formazione del cumulo, e non alla correzione dell’errore materiale, ma, come si è detto nel punto precedente, non è decisivo il nome che si attribuisce all’istanza per qualificare in diritto la st e nel caso in esame, era stata chiesta nella sostanza una interpretazione del giudicato da cui sarebbero derivate conseguenza in punto di formazione del cumulo, talchè l’istanza era effettivamente una riproposizione della precedente; peraltro, anche gli argomenti spesi nel
merito nel motivo, ovvero che non appare corretto che nei reati permanenti rilevi solo la fin della permanenza, e non anche l’inizio, e non appare corretto individuare la cessazione della permanenza nella data della condanna di primo grado, perchè il ricorrente era stato assolto in primo grado, e condannato in appello, sono motivi di ricorso che avrebbero dovuto essere spesi contro la precedente ordinanza del 25 luglio 2022, che, peraltro, risulta essere stat effettivamente impugnata con ricorso respinto dalla sentenza di questa Corte Sez. 1, n. 17532 del 22/02/2023, NOME, n.m.;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.