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Ricorso inammissibile: quando e perché la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché i motivi, già proposti in appello, erano generici e privi di motivazione. La sentenza sottolinea che richieste manifestamente infondate non possono fondare un valido ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Specificità dei Motivi è Cruciale

Nel complesso mondo della procedura penale, la presentazione di un’impugnazione rappresenta un momento delicato e fondamentale per la tutela dei diritti. Tuttavia, non è sufficiente presentare un ricorso; è essenziale che questo sia fondato su motivi specifici e ben argomentati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda una lezione fondamentale: un ricorso inammissibile può nascere non da un errore commesso davanti ai giudici di legittimità, ma da una debolezza originaria, ovvero la genericità dei motivi presentati nel precedente grado di giudizio. Analizziamo come una richiesta non motivata in appello possa precludere definitivamente la via del ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato, nel suo atto di appello, si era limitato a richiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, ma lo aveva fatto “senza motivazione alcuna”. La Corte d’Appello, di conseguenza, non aveva argomentato sul punto. L’imputato ha quindi deciso di portare la questione davanti alla Suprema Corte, lamentando proprio la mancata applicazione di tale causa di non punibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione (ovvero se la causa di non punibilità fosse applicabile o meno), ma si è fermata a un gradino prima, su un piano prettamente procedurale. Secondo la Corte, il problema risiedeva nel modo in cui la richiesta era stata formulata nel precedente grado di giudizio. Un’istanza generica e non motivata non obbliga il giudice d’appello a fornire una risposta argomentata. Di conseguenza, il ricorso presentato in Cassazione, che si basava proprio su questa presunta omissione, è stato considerato privo di fondamento sin dall’origine, o, per usare le parole della Corte, “geneticamente inammissibile”.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su un principio di diritto consolidato. Quando un’istanza presentata in sede di impugnazione appare generica o manifestamente infondata, il giudice non ha l’obbligo di motivare il suo mancato accoglimento. Questo principio serve a garantire l’efficienza del processo, evitando che i giudici debbano spendere tempo per confutare richieste palesemente pretestuose o non supportate da alcuna argomentazione.

La Cassazione ha chiarito che, se un motivo di appello è inammissibile fin dall’inizio per manifesta infondatezza, anche un eventuale ricorso successivo basato su quel motivo subirà la stessa sorte. Non si può, in altre parole, ‘sanare’ in Cassazione un vizio che ha caratterizzato l’atto di appello. L’inammissibilità originaria si trasmette al grado successivo. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi inammissibili.

Un altro aspetto interessante riguarda la parte civile. La Corte ha specificato che, nonostante l’inammissibilità del ricorso, non ha condannato il ricorrente a pagare le spese legali della parte civile. Questo perché l’intervento di quest’ultima si era limitato a una semplice richiesta di conferma della sentenza, presentata solo dopo che gli atti erano già stati trasmessi alla Sezione per la valutazione preliminare di inammissibilità. Non avendo svolto un’attività difensiva concreta per contrastare il ricorso, non le è stato riconosciuto il diritto al rimborso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione pratica di grande valore per avvocati e imputati. Ogni richiesta avanzata in un atto di impugnazione deve essere specifica, dettagliata e supportata da argomentazioni giuridiche pertinenti. Presentare motivi generici equivale a non presentarli affatto e, come dimostra questo caso, non solo non produce risultati favorevoli, ma preclude anche la possibilità di sollevare la stessa questione in Cassazione, portando a una condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La specificità e la chiarezza non sono meri formalismi, ma requisiti essenziali per un’efficace difesa tecnica.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se i motivi erano già stati presentati in appello?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se il motivo proposto era già stato presentato in appello in modo generico e senza alcuna motivazione. Secondo la Corte, il giudice d’appello non è tenuto a rispondere a istanze manifestamente infondate, pertanto un ricorso basato su tale presunta omissione è privo di fondamento sin dall’origine.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La parte civile ha sempre diritto al rimborso delle spese legali in caso di ricorso inammissibile dell’imputato?
No. Secondo questa ordinanza, la parte civile non ha diritto al rimborso se la sua attività processuale è stata minima e non diretta a contrastare attivamente le pretese del ricorrente. Nel caso di specie, essendosi limitata a chiedere la conferma della sentenza dopo che il vaglio di inammissibilità era già in corso, non le sono state liquidate le spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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