Ricorso inammissibile: le conseguenze di un’impugnazione ripetitiva
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è un diritto fondamentale, ma deve essere esercitato nel rispetto delle regole procedurali. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce le severe conseguenze di un ricorso inammissibile perché basato su motivi meramente ripetitivi. Questa decisione serve da monito: non basta insistere sulle proprie ragioni, è necessario presentare argomentazioni valide e, soprattutto, nuove.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, pronunciata in seguito a un giudizio di rinvio. Quest’ultimo è una fase particolare del processo in cui la Cassazione, dopo aver annullato una precedente decisione, rimanda gli atti a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione, ma limitatamente a specifici punti. L’imputato, tuttavia, ha proposto ricorso basandosi esattamente sulla stessa censura che era già stata adeguatamente esaminata e respinta dal giudice del rinvio.
La Decisione della Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le pretese del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta e precisa: il motivo presentato era “meramente reiterativo”. In altre parole, il ricorrente non ha fatto altro che ripetere le stesse argomentazioni già vagliate e disattese dalla Corte territoriale, senza introdurre alcun nuovo profilo di critica o elemento giuridico che potesse giustificare un ulteriore esame di legittimità.
Le Motivazioni
La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza o per genericità dei motivi. Un motivo è considerato “meramente reiterativo” quando non si confronta criticamente con la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le doglianze già espresse e giudicate. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una risposta logica e giuridicamente corretta alle censure del ricorrente, come evidenziato nella sua sentenza. Insistere sullo stesso punto senza confutare le argomentazioni del giudice del rinvio equivale a un abuso dello strumento processuale.
La conseguenza di tale inammissibilità non è solo la chiusura del procedimento, ma anche una condanna economica. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato questa sanzione richiamando la sentenza n. 186/2000 della Corte Costituzionale, secondo cui non si può ritenere che chi propone un ricorso palesemente inammissibile lo faccia senza colpa. L’errore nel determinare la causa di inammissibilità è quindi attribuibile al ricorrente, che deve sopportarne le conseguenze.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso non è una terza istanza di merito dove ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge. Proporre un ricorso inammissibile perché ripetitivo non solo è inutile ai fini del processo, ma comporta anche un esborso economico significativo. Questa decisione rafforza la funzione nomofilattica della Cassazione, scoraggiando impugnazioni dilatorie e garantendo che solo questioni giuridiche rilevanti e correttamente formulate giungano al suo esame.
Cosa significa che un ricorso è meramente reiterativo?
Significa che l’atto di impugnazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni e censure che sono già state presentate, esaminate e respinte in una fase precedente del processo, senza aggiungere nuovi elementi di fatto o di diritto.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, da versare alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione.
Perché viene inflitta una sanzione pecuniaria oltre al pagamento delle spese?
La sanzione viene inflitta perché si presume che il ricorrente sia in colpa per aver causato l’inammissibilità, presentando un’impugnazione priva dei requisiti minimi di legge, in base a quanto stabilito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28000 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28000 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE COGNOME
Data Udienza: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AGROPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce un motivo meramente reiterativo della medesima censura cui era limitato il giudizio di rinvio, censura adeguatamente vagliata disattesa con corretti argomenti giuridici dalla Corte territoriale (si veda pagina 3 sentenza);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa dell ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 giugno 2024.