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Ricorso inammissibile: quando è mera riproposizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati erano una mera riproposizione di argomenti già vagliati e respinti dalla Corte d’Appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. La Corte ha inoltre ritenuto infondato un motivo relativo a un vizio di motivazione per un capo d’accusa dal quale la ricorrente era già stata assolta in primo grado. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente; è necessario formulare critiche precise e pertinenti. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19009/2024, ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché i motivi sollevati erano una semplice ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere i requisiti di ammissibilità di un’impugnazione di legittimità.

I Fatti Processuali e i Motivi del Ricorso

Una persona condannata dalla Corte d’Appello di Trieste ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, basando la sua difesa su due principali motivi.

Il primo motivo lamentava una presunta violazione dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che garantisce il diritto a un equo processo. La difesa sosteneva che le sue tesi non fossero state adeguatamente considerate.

Il secondo motivo denunciava un vizio di motivazione e la violazione degli articoli 530 e 533 del codice di procedura penale. In particolare, si contestava la mancanza di una motivazione adeguata da parte del giudice in relazione a uno specifico capo d’imputazione.

L’Analisi del Ricorso Inammissibile da Parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione di totale rigetto. L’analisi dei giudici di legittimità è stata netta e ha chiarito perché l’impugnazione non potesse superare il vaglio di ammissibilità.

La Ripetitività del Primo Motivo

Per quanto riguarda la presunta violazione dell’art. 6 CEDU, la Corte ha stabilito che il motivo era una mera riproduzione di censure già adeguatamente valutate e respinte dal giudice d’appello. La sentenza impugnata aveva fornito argomenti giuridici corretti, basandosi su prove concrete come filmati di videosorveglianza e l’inverosimiglianza della tesi difensiva alternativa. Il ricorso, invece, non presentava una critica specifica e puntuale contro le argomentazioni della Corte d’Appello, limitandosi a riproporre le stesse questioni. Questo comportamento rende il ricorso inammissibile in sede di legittimità.

L’Infondatezza Manifesta del Secondo Motivo

Il secondo motivo è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La ragione è semplice e di natura processuale: la ricorrente si lamentava della mancanza di motivazione per un reato (identificato come Capo B) per il quale il tribunale di primo grado l’aveva già assolta. Non è logicamente possibile lamentare un’omessa motivazione su un’imputazione che si è già conclusa con un proscioglimento. Pertanto, la censura era priva di qualsiasi fondamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile in toto. I giudici hanno sottolineato che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove si possono riproporre le medesime questioni di fatto già decise. È, invece, una sede di legittimità dove si controlla la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. La presentazione di motivi generici o ripetitivi, che non si confrontano criticamente con la decisione contestata, non soddisfa i requisiti richiesti dalla legge.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La decisione della Cassazione comporta due conseguenze dirette per la ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un’impugnazione deve essere mirata, specifica e basata su critiche pertinenti alla decisione che si contesta. Proporre un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche significative sanzioni economiche, confermando la necessità di un’attenta valutazione strategica prima di adire la Suprema Corte.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato inammissibile per genericità?
Un motivo di ricorso è considerato inammissibile quando si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice del merito, senza formulare una critica specifica e argomentata contro le ragioni esposte nella sentenza impugnata.

È possibile lamentare un vizio di motivazione per un reato dal quale si è stati assolti?
No, secondo la Corte, è manifestamente infondato lamentare un vizio di omessa motivazione in relazione a un’imputazione per la quale il tribunale ha già pronunciato una sentenza di assoluzione. Non essendoci una condanna, non può esserci un difetto di motivazione da censurare.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene stabilito dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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