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Ricorso inammissibile: quando è mera riproduzione?

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile perché i motivi proposti erano una semplice ripetizione di questioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. L’appellante è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando che il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione di argomenti già vagliati.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando è mera riproduzione?

Il ricorso per Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma il suo accesso è subordinato a requisiti rigorosi. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale: la semplice riproposizione dei medesimi argomenti già discussi e respinti nei gradi precedenti rende il ricorso inammissibile. Questo principio è essenziale per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, che non è un terzo grado di merito.

Il Caso: Un Ricorso Meramente Ripetitivo

Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato, condannato nei gradi di merito per diverse violazioni di legge, tra cui danneggiamento e reati in materia di armi, ha deciso di impugnare la decisione davanti alla Corte di Cassazione.

Tuttavia, i motivi del ricorso si sono rivelati essere una mera fotocopia delle questioni già ampiamente affrontate e confutate dai giudici d’appello. Nello specifico, l’appellante ha riproposto le stesse doglianze relative all’applicazione dell’art. 635 del codice penale, dell’art. 4 della legge n. 110/1975 e dell’art. 99 del codice penale sulla recidiva, senza introdurre elementi di novità o critiche specifiche alla motivazione della sentenza impugnata.

La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: il ricorso per Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte dal giudice del grado precedente. Per essere ammissibile, un ricorso deve contenere una critica specifica e argomentata al provvedimento impugnato, evidenziando vizi di legittimità (come violazione di legge o vizi di motivazione) e non semplicemente riaffermare una tesi difensiva già sconfessata.

La Corte ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse già fornito una risposta esaustiva e giuridicamente corretta a tutte le questioni sollevate, basandosi sulle risultanze processuali. Di conseguenza, il tentativo di riaprire la discussione davanti alla Cassazione è stato giudicato infruttuoso e contrario alla funzione stessa del giudizio di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione dell’ordinanza è chiara e lapidaria. I giudici di legittimità hanno ritenuto che i motivi di ricorso costituissero una “mera riproduzione di questioni affrontate e confutate con corretti riferimenti giuridici e pertinenti richiami delle risultanze processuali dalla Corte di appello”. In altre parole, il ricorrente non ha mosso una critica mirata alla sentenza di secondo grado, ma ha semplicemente ripetuto argomenti già noti e superati. Questa pratica dilatoria e non costruttiva non è consentita, poiché il giudizio di Cassazione è un controllo sulla corretta applicazione della legge, non una nuova valutazione dei fatti. La mancanza di critiche nuove e specifiche alla sentenza impugnata ha quindi determinato, in modo inevitabile, la declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Inammissibilità

Le implicazioni di questa decisione sono significative per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. La declaratoria di inammissibilità comporta non solo la conferma definitiva della sentenza di condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di sostenere ulteriori costi. Nello specifico, è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o meramente dilatori. La pronuncia ribadisce quindi un monito fondamentale: prima di adire la Suprema Corte, è indispensabile elaborare motivi di ricorso specifici, pertinenti e critici verso la decisione impugnata, evitando sterili ripetizioni di argomenti già vagliati.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato una ‘mera riproduzione’?
Un ricorso è considerato una ‘mera riproduzione’ quando i motivi presentati sono una semplice ripetizione di questioni già affrontate, esaminate e respinte dalla corte del grado precedente, senza introdurre nuove critiche specifiche o argomenti giuridici contro la sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Il versamento di una somma alla Cassa delle ammende è una sanzione prevista dalla legge in caso di inammissibilità del ricorso. Ha lo scopo di sanzionare l’abuso dello strumento processuale e di scoraggiare la presentazione di impugnazioni palesemente infondate o dilatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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