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Ricorso inammissibile: quando è manifestamente infondato

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 20/02/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile poiché il motivo presentato era una mera ripetizione di quanto già contestato in appello. L’ordinanza sottolinea che, in assenza di un reale vizio di motivazione nella sentenza impugnata, la riproposizione di questioni fattuali porta all’inammissibilità del ricorso e alla condanna alle spese.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Impugnazione

L’istituto del ricorso inammissibile rappresenta un filtro fondamentale nel nostro sistema giudiziario, specialmente nel giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di quando un ricorso non supera questo vaglio, ribadendo principi consolidati. L’analisi del caso mostra come la mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti in sede di appello non costituisca un valido motivo di ricorso.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello di Milano, ha proposto ricorso per Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava un presunto vizio di motivazione della sentenza di secondo grado in relazione a due aspetti cruciali: il giudizio di comparazione tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti, e la determinazione della pena finale. In sostanza, il ricorrente lamentava che i giudici d’appello non avessero adeguatamente motivato la loro decisione di non far prevalere le attenuanti generiche.

La Decisione della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione netta del motivo proposto, considerato reiterativo, puramente fattuale e, di conseguenza, manifestamente infondato. La Corte ha osservato che la doglianza presentata dal ricorrente non era altro che la ripetizione di quanto già articolato nell’atto di appello, senza introdurre nuovi profili di illegittimità specifici della sentenza di secondo grado. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su argomentazioni precise e consolidate nella giurisprudenza di legittimità.

La Reiteratività e la Fattualità del Motivo

Il fulcro della motivazione risiede nel carattere “reiterativo” e “meramente fattuale” del ricorso. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice della legittimità. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non riesaminare i fatti. Il ricorrente, invece di contestare un errore di diritto o un vizio logico palese della sentenza d’appello, si è limitato a riproporre la stessa questione fattuale (la valutazione delle circostanze) già adeguatamente affrontata e risolta dalla Corte territoriale. Questo trasforma il ricorso in un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda.

L’Adeguatezza della Motivazione della Corte d’Appello

Secondo la Suprema Corte, la Corte d’Appello aveva fornito una “adeguata motivazione logico-giuridica” riguardo al bilanciamento delle circostanze. Avendo la Corte territoriale già risposto in modo esauriente alla doglianza, la riproposizione della stessa in sede di Cassazione si è rivelata manifestamente infondata. Non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice di merito; è necessario individuare un vizio specifico nel suo percorso argomentativo, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve basarsi su vizi di legittimità specifici e non sulla mera speranza di un riesame dei fatti. La riproposizione pedissequa dei motivi d’appello, senza un’argomentazione che ne dimostri la mancata o illogica valutazione da parte del giudice precedente, conduce inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Tale esito comporta non solo l’impossibilità di vedere esaminata la propria istanza, ma anche l’imposizione di sanzioni economiche, come il pagamento delle spese processuali e della somma a favore della Cassa delle ammende, che aggravano la posizione del ricorrente.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono reiterativi di quelli già presentati in appello, meramente fattuali e manifestamente infondati, soprattutto se la Corte territoriale ha già fornito una motivazione adeguata sulle questioni sollevate.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “reiterativo”?
Significa che il ricorrente si limita a ripetere le stesse argomentazioni e doglianze già formulate con l’atto di appello, senza contestare specificamente la logicità o la correttezza giuridica della motivazione con cui la Corte d’Appello le ha respinte.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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