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Ricorso inammissibile: quando è manifestamente infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, giudicando i motivi presentati dal ricorrente come manifestamente infondati. Le contestazioni, relative al riconoscimento della recidiva e all’entità della sanzione, sono state respinte poiché la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione logica e specifica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze di Motivi Manifestamente Infondati

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, è fondamentale che i motivi siano solidi e giuridicamente pertinenti. Un ricorso inammissibile non solo non viene esaminato nel merito, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo propone. L’ordinanza n. 46484/2024 della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la manifesta infondatezza dei motivi porti a una declaratoria di inammissibilità, con condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, decideva di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso si basava essenzialmente su due doglianze: la prima riguardava il riconoscimento della recidiva, mentre la seconda contestava l’entità del trattamento sanzionatorio applicato dai giudici di merito.

L’analisi della Cassazione e il ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i motivi proposti dal ricorrente, giungendo a una conclusione netta: il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto che entrambe le censure fossero “manifestamente infondate”, ovvero prive di quel minimo di fondatezza necessario per poter avviare una discussione di merito.

La contestazione sulla recidiva

Il primo motivo di ricorso criticava la decisione della Corte d’Appello di riconoscere l’aggravante della recidiva. Secondo la Suprema Corte, tuttavia, questa doglianza era palesemente infondata. I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte territoriale aveva motivato in modo specifico e logico le ragioni per cui riteneva sussistente tale aggravante. Di fronte a una motivazione completa e coerente, la critica del ricorrente si è rivelata sterile e incapace di scalfire la correttezza della decisione impugnata.

La critica al trattamento sanzionatorio

Analogamente, anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva stabilito l’entità finale della sanzione tenendo conto di precisi indici fattuali, oggettivi e rilevanti. La decisione sulla pena non era dunque arbitraria, ma ancorata a elementi concreti del caso, rendendo la contestazione del ricorrente priva di pregio.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adempiuto al suo dovere, fornendo una giustificazione adeguata sia per il riconoscimento della recidiva sia per la determinazione della pena. I motivi del ricorrente, non riuscendo a evidenziare vizi di legittimità o palesi illogicità, sono stati quindi considerati manifestamente infondati, conducendo inevitabilmente a una pronuncia di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce un importante monito: l’accesso alla giustizia, specialmente in sede di legittimità, deve essere esercitato con responsabilità. La presentazione di ricorsi basati su motivi pretestuosi o palesemente infondati non solo non porta al risultato sperato, ma si traduce in un ulteriore onere economico per l’imputato, oltre a contribuire al sovraccarico del sistema giudiziario.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono ritenuti ‘manifestamente infondati’, ovvero quando appaiono chiaramente privi di qualsiasi base giuridica o fattuale, come nel caso in cui la corte precedente abbia già fornito una motivazione logica e specifica non validamente contestata.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

È possibile contestare la valutazione sulla recidiva in Cassazione?
Sì, è possibile, ma solo se si dimostra un vizio di legittimità o una manifesta illogicità nella motivazione della corte di merito. Se, come in questo caso, la Corte d’Appello ha motivato in modo specifico e coerente il riconoscimento della recidiva, la semplice riproposizione della questione è considerata un motivo manifestamente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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