Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i limiti del giudizio di legittimità
Quando si presenta un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere la natura e i limiti del suo giudizio. Un recente provvedimento (Ordinanza n. 6865/2025) offre un chiaro esempio di come un’impugnazione possa essere dichiarata inammissibile se non rispetta tali confini. Analizziamo questa decisione per capire perché un ricorso inammissibile viene rigettato e quali lezioni pratiche se ne possono trarre.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma per il reato di rapina. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la sentenza di condanna dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un ‘vizio di motivazione’. In sostanza, sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare le prove a suo carico, in particolare la ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa.
La Decisione sul Ricorso inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La ragione di tale decisione non risiede nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma esclusivamente nella modalità con cui il ricorso è stato formulato. I giudici hanno osservato che l’unico motivo di ricorso si risolveva in una richiesta di rivalutazione delle prove, un’attività che esula completamente dalle competenze della Cassazione.
Il compito della Suprema Corte, infatti, è quello di svolgere un ‘sindacato di legittimità’, ovvero controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente. Non può, invece, sostituirsi al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) per riesaminare le prove e decidere se la testimonianza di una persona sia più o meno credibile.
Le Motivazioni della Corte
Nel dettaglio, la Corte ha sottolineato che le critiche mosse dall’imputato erano ‘generiche doglianze in punto fatto’. Si trattava di questioni già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello, la quale aveva già ampiamente motivato (nelle pagine 3-5 della sua sentenza) la coerenza e l’attendibilità della ricostruzione fornita dalla vittima, giudicando irrilevanti le piccole incongruenze emerse.
Il ricorrente non ha individuato specifici ‘travisamenti’ di prove documentate, ma ha tentato di ottenere una terza valutazione nel merito della vicenda processuale. Questo tentativo è stato considerato un uso improprio dello strumento del ricorso in Cassazione, portando inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare vizi specifici di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, e non limitarsi a proporre una lettura alternativa delle prove già vagliate nei precedenti gradi di giudizio. Per i difensori, ciò significa articolare le impugnazioni in modo rigoroso, concentrandosi esclusivamente sui vizi ammessi dalla legge per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile e ulteriori costi per il proprio assistito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore di diritto, ma si limitava a richiedere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Cosa significa che le doglianze erano ‘generiche’?
Significa che le lamentele mosse dall’imputato non identificavano specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata, ma riproponevano questioni di merito già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello in modo motivato.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6865 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6865 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 04R2BAM) nato il 23/12/1996
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce il vizio di motivazione in ordine alla prova posta a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per aver concorso nel reato di rapina, è finalizzato ad ottenere, mediante generiche doglianze in punto fatto già proposte e puntualmente respinte in appello, una rivalutazione delle risultanze probatorie estranea al sindacato di legittimità e avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali già valorizzate dai giudici di merito (si vedano, in particolare, pagg. 3-5 sulla coerenza e attendibilità della ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa e sulle ragioni della ritenuta irrilevanza delle incongruenze emerse);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 14 gennaio 2025