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Ricorso inammissibile: quando è generico e vago

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6915/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile perché ritenuto del tutto generico e basato su argomentazioni difensive manifestamente inconferenti. L’impugnazione non contestava in modo specifico la sentenza della Corte d’Appello di Milano, limitandosi a replicare tesi già respinte. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: l’importanza della specificità nell’impugnazione

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione, rigore e, soprattutto, specificità. Un’impugnazione vaga o generica non solo è destinata al fallimento, ma può comportare anche severe conseguenze economiche per il proponente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6915/2024, offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile, a causa della sua genericità, venga respinto senza nemmeno entrare nel merito della questione. Questo caso evidenzia un principio fondamentale della procedura penale: non basta dissentire da una sentenza, è necessario articolarne le ragioni in modo chiaro e pertinente.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 febbraio 2023. L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di impugnare la decisione di secondo grado dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, contestando la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito. In particolare, la difesa sosteneva l’unicità del fatto criminoso in luogo delle diverse condotte illecite che i giudici avevano invece ritenuto avvinte dal vincolo della continuazione.

La Decisione della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione netta della qualità dell’atto di impugnazione. I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse formulato in termini “del tutto generici”, limitandosi a riproporre una tesi difensiva già ampiamente esaminata e rigettata nei precedenti gradi di giudizio con motivazioni ritenute dalla Cassazione “del tutto condivisibili”. In sostanza, l’appello non ha introdotto elementi di critica specifici contro la logica giuridica della sentenza impugnata, ma si è risolto in una sterile replica di argomenti già sconfessati.

Le conseguenze del ricorso inammissibile

L’inammissibilità del ricorso non è una mera formalità. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, tale declaratoria comporta automaticamente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha condannato l’imputato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge alle spese processuali per aver adito la Corte con un’impugnazione palesemente infondata.

Le Motivazioni

La motivazione dell’ordinanza è lapidaria ma estremamente chiara. La Corte ha stigmatizzato il ricorso per diverse ragioni concorrenti.

Innanzitutto, la genericità. Il ricorrente ha addotto “travisamenti delle emergenze acquisite” senza però specificare quali fossero tali emergenze e in che modo la loro errata interpretazione fosse stata decisiva per l’esito del giudizio. Un’accusa di travisamento della prova deve essere circostanziata e dimostrare che il giudice ha basato la sua decisione su un’informazione inesistente o ha ignorato una prova decisiva esistente.

In secondo luogo, la manifesta inconferenza della tesi difensiva. L’insistenza sulla “unicità del fatto” in opposizione alla “continuazione” è stata giudicata una tesi difensiva non pertinente rispetto al quadro probatorio e alla consolidata interpretazione giuridica applicata dalla Corte d’Appello. Replicare un argomento senza attaccare specificamente le ragioni per cui era stato respinto in precedenza equivale a non formulare una vera critica alla sentenza.

Infine, la decisione si basa sull’applicazione dell’art. 616 c.p.p., che prevede sanzioni precise per chi presenta ricorsi inammissibili, al fine di scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate che gravano inutilmente sul sistema giudiziario.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: la specificità dei motivi di ricorso non è un optional. Un’impugnazione deve essere un’analisi critica e puntuale della sentenza che si contesta, non una semplice riproposizione di tesi già valutate. La genericità e la manifesta infondatezza non solo precludono l’esame nel merito, ma espongono il ricorrente a conseguenze economiche significative. Per gli avvocati, ciò si traduce nella necessità di redigere atti di impugnazione tecnicamente ineccepibili, che identifichino con precisione i vizi logici o giuridici della decisione appellata, evitando di trasformare il ricorso per cassazione in un terzo grado di giudizio sul fatto.

Cosa significa quando un ricorso è dichiarato ‘generico’ dalla Cassazione?
Significa che l’atto di impugnazione non formula critiche specifiche e dettagliate contro la sentenza, ma si limita a contestazioni vaghe o alla semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti, senza individuare precisi errori di diritto o di logica commessi dal giudice.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende.

Perché la tesi difensiva sulla ‘unicità del fatto’ è stata respinta?
La Corte ha ritenuto tale argomento ‘manifestamente inconferente’. Non era una critica pertinente alla motivazione della sentenza d’appello, ma una semplice replica di una tesi difensiva già valutata e rigettata con motivazioni considerate logiche e corrette, senza che il ricorso offrisse nuovi e decisivi spunti per metterle in discussione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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