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Ricorso inammissibile post patteggiamento: i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una sentenza di patteggiamento. La decisione si fonda su due ragioni principali: i motivi del ricorso erano totalmente estranei al caso concreto e, in ogni caso, non rientravano tra quelli tassativamente previsti dalla legge per impugnare un accordo di pena. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: i paletti della Cassazione sull’impugnazione del Patteggiamento

L’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è un percorso stretto e ben definito dalla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza i confini entro cui è possibile muoversi, dichiarando un ricorso inammissibile perché basato su motivi non consentiti e, per di più, totalmente slegati dal caso di specie. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere la natura dell’accordo sulla pena e i limiti del suo riesame.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver concordato una pena con il pubblico ministero ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale (c.d. patteggiamento) per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, decideva di impugnare la sentenza del Tribunale. Tramite il suo difensore, presentava un ricorso per cassazione basato su tre motivi: un presunto vizio nel riconoscimento della recidiva, una critica generica sull’affermazione di responsabilità e una contestazione sul diniego delle attenuanti generiche.

Analisi del Ricorso Inammissibile: i due errori fatali

La Corte Suprema ha stroncato il ricorso sul nascere, evidenziando due vizi che lo rendevano palesemente inammissibile. Questa analisi è cruciale per capire perché il tentativo di impugnazione è fallito.

Primo Vizio: il Difetto Totale di Specificità

Il primo motivo di inammissibilità era quasi surreale: i motivi presentati nel ricorso si riferivano a un’altra persona e a un reato completamente diverso (furto o rapina). Erano, nelle parole della Corte, “del tutto decontestualizzati”. Questo errore grossolano viola il principio di specificità dei motivi di ricorso, secondo cui l’impugnazione deve contenere critiche precise e pertinenti alla decisione che si intende contestare. Un ricorso che parla di un altro caso è, per definizione, privo di fondamento e quindi inammissibile.

Secondo Vizio: la Violazione dei Limiti dell’Art. 448 cod. proc. pen.

Anche se i motivi fossero stati pertinenti, il ricorso sarebbe stato comunque dichiarato inammissibile. La legge n. 103 del 2017 ha introdotto l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i soli motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata. Essi sono:

1. Mancata espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

I motivi sollevati dal ricorrente – relativi alla valutazione della recidiva, alla responsabilità e alle attenuanti generiche – non rientrano in questo elenco. Essi attengono al merito della vicenda processuale, un ambito che, con la scelta del patteggiamento, l’imputato accetta di non contestare più.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la logica che sta alla base del patteggiamento e dei suoi limiti di impugnazione. L’accordo tra accusa e difesa sulla pena esonera la prima dall’onere di provare la colpevolezza e comporta, per la seconda, la rinuncia a contestare nel merito le accuse. La sentenza che ne deriva si limita a ratificare questo accordo, previa una verifica da parte del giudice sulla corretta qualificazione del fatto, sull’assenza di cause di proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.) e sulla congruità della pena.

Di conseguenza, non è possibile, in sede di impugnazione, riaprire una discussione sulla colpevolezza, sulla valutazione delle prove o sull’applicazione delle circostanze, come tentato nel caso di specie. Il legislatore ha volutamente ristretto le possibilità di ricorso per garantire la stabilità e l’efficienza di questo rito speciale, che si fonda proprio sulla logica deflattiva dell’accordo processuale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive. Chi vi accede deve essere consapevole che sta rinunciando a gran parte delle facoltà di contestazione nel merito. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è un rimedio eccezionale, esperibile solo per vizi specifici e gravi che intaccano la legalità dell’accordo o della pena, e non per rimettere in discussione valutazioni che si sono accettate in partenza. Un ricorso inammissibile non solo è inutile, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto in questo caso.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi che riguardano la valutazione della responsabilità o delle circostanze attenuanti?
No, non è possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i motivi di ricorso, che non includono la discussione sulla responsabilità o sulla valutazione delle circostanze, aspetti che si considerano definiti con l’accordo sulla pena.

Cosa succede se i motivi di un ricorso per cassazione sono generici o non pertinenti al caso specifico?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per difetto di specificità. I motivi devono essere chiari, pertinenti e direttamente collegati alla sentenza impugnata; in caso contrario, la Corte non può nemmeno procedere al loro esame nel merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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