Ricorso Inammissibile Dopo Concordato in Appello: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione
L’istituto del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso. Tuttavia, la sua adozione comporta conseguenze procedurali significative, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento in esame chiarisce i limiti dell’impugnazione successiva, confermando che l’accordo tra le parti preclude la possibilità di sollevare nuove questioni, portando a una dichiarazione di ricorso inammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Tale sentenza era stata emessa proprio in accoglimento di una richiesta di concordato, con cui le parti avevano pattuito una determinata ridefinizione della pena. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare un ulteriore ricorso per Cassazione, sollevando un vizio di motivazione non contemplato nei punti concordati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: l’accordo delle parti sui punti della sentenza da riformare in appello implica una rinuncia implicita a far valere qualsiasi altra doglianza nel successivo giudizio di legittimità. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione: Il Principio della Rinuncia Implicita
Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa del concordato in appello. La Suprema Corte ha spiegato che, quando le parti raggiungono un accordo, esse definiscono l’oggetto della decisione, cristallizzando i punti su cui il giudice d’appello è chiamato a pronunciarsi. Questo patto processuale comporta la rinuncia a dedurre ogni diversa questione, anche se teoricamente rilevabile d’ufficio.
La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali che circoscrivono le uniche eccezioni a questa regola:
1. Pena Illegale: Il ricorso è ammissibile se contesta l’irrogazione di una pena non prevista dalla legge.
2. Vizi del Consenso: Il ricorso è ammissibile se verte su vizi relativi alla formazione della volontà dell’imputato di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, o se la pronuncia del giudice risulta difforme rispetto a quanto concordato.
Nel caso specifico, nessuna di queste eccezioni era ravvisabile. Il motivo di ricorso presentato dall’imputato era estraneo sia alla legalità della pena sia a vizi del consenso, rendendo il suo ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza rafforza un importante monito per la difesa tecnica. La scelta di accedere a un concordato in appello deve essere attentamente ponderata, poiché rappresenta una chiusura quasi definitiva del contenzioso. L’accordo preclude la possibilità di ripensamenti o di sollevare in Cassazione motivi ulteriori, salvo le ristrettissime eccezioni menzionate. La conseguenza di un ricorso presentato al di fuori di tali limiti non è solo il rigetto, ma anche una condanna certa al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
È possibile presentare un ricorso in Cassazione per motivi diversi da quelli concordati in appello?
No, di regola non è possibile. L’accordo tra le parti sui punti oggetto del concordato in appello implica la rinuncia a sollevare in Cassazione ogni diversa doglianza, anche se relativa a questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio.
Quali sono le eccezioni alla regola che impedisce di ricorrere in Cassazione dopo un concordato?
Le uniche eccezioni ammesse dalla giurisprudenza riguardano l’applicazione di una pena illegale, oppure vizi legati alla formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero o a un contenuto della pronuncia del giudice diverso da quanto pattuito.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile in queste circostanze?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7553 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7553 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA,38
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
– GLYPH
‘dato avviso alle parti 7 ,7
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce GLYPH il vizio motivazione con riguardo ad una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis proc. pen, è inammissibile in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a questione rilevabile di ufficio, con l’eccezione dell’irrogazione di una pena illegale (Sez. 6, n, 41254 del 04/C7/2019, Leone, Rv. 277196) e di motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato nonché al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170), situazioni certamente non ravvisabili nel caso in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a normai dell’art. 616 cod. proc. pen., no ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024.