LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile post concordato: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena in appello per truffa aggravata, aveva impugnato la sentenza. La Corte ha stabilito che l’accordo sulla pena implica una rinuncia ai motivi di doglianza, rendendo il successivo ricorso inammissibile e comportando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: le conseguenze del concordato in appello

Quando un imputato decide di accordarsi sulla pena in appello, sta implicitamente rinunciando a contestare determinati aspetti della sentenza di primo grado. Questa scelta strategica, nota come ‘concordato in appello’ o ‘patteggiamento in appello’, ha conseguenze significative, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame ha portato a dichiarare un ricorso inammissibile, sottolineando un principio fondamentale: non si può prima accordarsi e poi pentirsi, impugnando la decisione frutto di quell’accordo.

I fatti del caso: dalla condanna al concordato in appello

Il procedimento ha origine da una condanna per il reato di truffa aggravata. Giunto in secondo grado, l’imputato, tramite il suo difensore, ha raggiunto un accordo con la pubblica accusa per la rideterminazione della pena, secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello di Bologna, accogliendo la richiesta concorde delle parti, ha applicato la pena concordata con sentenza del 24 settembre 2024.

Il ricorso e le ragioni della difesa

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di presentare ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza d’appello. Il motivo principale di doglianza era la presunta violazione dell’art. 599-bis e l’omessa motivazione da parte della Corte d’Appello sulla sussistenza dei presupposti per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. In sostanza, si contestava al giudice di secondo grado di non aver valutato, prima di ratificare l’accordo, se esistessero le condizioni per un’assoluzione piena. Inoltre, si lamentava la mancata motivazione sulla corretta qualificazione giuridica dei fatti contestati.

Le motivazioni della Corte: perché il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La motivazione della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione logica e coerente della procedura di concordato. I giudici hanno osservato che le questioni sollevate nel ricorso – come la corretta qualificazione del reato e la possibilità di un proscioglimento – erano le stesse che erano state oggetto di rinuncia nel momento in cui le parti avevano richiesto di definire il processo con un accordo sulla pena.

Scegliendo il concordato, l’imputato accetta una determinata pena in cambio della rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza e altri aspetti della sentenza. Di conseguenza, presentare un ricorso basato proprio su quegli argomenti a cui si è rinunciato costituisce un atto processualmente non consentito. La richiesta di applicazione di una pena più mite, concordata tra le parti, è stata accolta dalla Corte d’Appello esattamente nei termini richiesti. Pertanto, l’imputato non può, in un secondo momento, rimettere in discussione le basi stesse dell’accordo.

Le conclusioni: le conseguenze pratiche della decisione

La dichiarazione di inammissibilità ha avuto due conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In primo luogo, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, richiamando la sentenza n. 186/2000 della Corte Costituzionale, la Cassazione ha ritenuto che il ricorso fosse stato presentato ‘versando in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’. Per questa ragione, l’imputato è stato condannato a versare un’ulteriore somma di tremila euro alla cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: le scelte processuali hanno un peso e non possono essere contraddette senza conseguenze.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza che applica una pena concordata in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile. L’accordo sulla pena implica una rinuncia ai motivi di ricorso relativi alla qualificazione del reato o alla valutazione dei presupposti per un proscioglimento, che erano stati oggetto della negoziazione tra le parti.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se si ritiene che l’impugnazione sia stata presentata con colpa, anche al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata determinata in tremila euro.

Perché la Corte ha ritenuto che l’accordo sulla pena escludesse la possibilità di ricorrere?
Perché i motivi presentati nel ricorso (errata qualificazione giuridica e omessa valutazione per un proscioglimento) erano gli stessi argomenti a cui l’imputato aveva implicitamente rinunciato chiedendo, insieme all’accusa, di definire il processo con l’applicazione di una pena determinata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati