Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13124 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13124 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Casalincontrada il 27-06-1952, vista l’ordinanza del 25-07-2024 del Tribunale di Chieti, con cui è stata disposta la trasmissione del reclamo alla Corte di cassazione; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2024, il Tribunale di Chieti ha disposto la trasmissione a questa Corte del reclamo proposto da NOME COGNOME il 16 febbraio 2023 avverso ‘l’ eventuale archiviazione ‘ che sarebbe stata disposta dal G.I.P. del Tribunale di Roma nell’ambito del procedimento penale scaturito dalla denunc iaquerela da lui sporta il 20 marzo 2014 presso la Procura della Repubblica di Chieti, dove il procedimento, recante il n. 1880-2014 R.G.N.R., veniva inizialmente incardinato, prima di essere trasmesso per competenza territoriale alla Procura della Repubblica di Roma. Il P.M. di Roma aveva avanzato richiesta di archiviazione accolta con provvedimento reso dal G.I.P. del Tribunale di Roma in data 19 gennaio 2015, provvedimento ritenuto dal Tribunale di Chieti, ratione temporis , ricorribile per cassazione, a i sensi dell’ art. 409, comma 6, cod. proc. pen. all’epoca vigente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il reclamo è inammissibile.
Deve premettersi che il provvedimento di archiviazione oggetto di reclamo risale al 19 gennaio 2015, per cui, come correttamente evidenziato nell’ ordinanza di trasmissione del reclamo a questa Corte, il regime processuale applicabile all’odierna vicenda, in forza del principio tempus regit actum , è quello anteriore alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 33, h a introdotto l’art. 410 bis cod. proc. pen., che ha individuato nel Tribunale in composizione monocratica il giudice dinanzi al quale è possibile impugnare il provvedimento di archiviazione.
Dunque, tale provvedimento sarebbe stato impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 409, comma 6, cod. proc. pen. all’epoca vigente, dovendosi richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 10260 del 14/02/2019, Rv. 275201), secondo cui, in tema di successione nel tempo di norme pro cessuali, il principio del ‘ tempus regit actum ‘ comporta che i singoli atti del procedimento sono disciplinati dalla norma in vigore al momento del loro compimento e non da quella vigente all’epoca di instaurazione del giudizio.
L’ordinanza di trasmissione degli atti a questa Corte risulta dunque legittima.
Tanto premesso, deve tuttavia osservarsi che il reclamo proposto da NOME risulta del tutto generico, non avendo il ricorrente indicato, innanzitutto, quale (e di quale Autorità giudiziaria) sia il provvedimento di archiviazione impugnato, che è stato individuato nel G.I.P. del Tribunale di Roma solo a seguito di interlocuzione sollecitata dal giudice teatino destinatario del reclamo.
L ‘impugnazione proposta , peraltro, non chiarisce di conseguenza né se l’archiviazione sia stata disposta de plano o all’esito di udienza camerale, né
tantomeno quali siano le ragioni della decisione, per cui si è in presenza di un reclamo formulato in termini palesemente esplorativi, come peraltro rivelato anche dal fatto che il ricorrente parla di ‘eventuale archiviazione’, il che rende evidente il difetto di specificità dell’impugnazione, innanzitutto rispetto al suo oggetto, che invero lo stesso ricorrente lascia intendere di non conoscere.
Alla stregua delle argomentazioni svolte, il ricorso-reclamo proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato quindi inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone infine che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17.12.2024