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Ricorso inammissibile per difetto di specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro un provvedimento di archiviazione del 2015. La decisione si fonda sul difetto di specificità dell’atto di impugnazione, risultato talmente generico da non identificare chiaramente né il provvedimento impugnato né le ragioni della doglianza. La sentenza ribadisce inoltre l’applicazione del principio ‘tempus regit actum’, secondo cui si applicano le norme processuali vigenti al momento dell’atto originario e non quelle successive.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13124 del 2025, ha dichiarato un ricorso inammissibile a causa della sua palese genericità, offrendo importanti chiarimenti sul principio di specificità degli atti di impugnazione e sulla successione delle leggi processuali nel tempo. Questo caso evidenzia come la mancanza di chiarezza e precisione in un ricorso possa precluderne l’esame nel merito, con conseguenze significative per il ricorrente.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una denuncia-querela presentata da un cittadino nel lontano 2014 presso la Procura di Chieti. Il procedimento veniva successivamente trasferito per competenza territoriale alla Procura di Roma, la quale avanzava una richiesta di archiviazione. Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Roma accoglieva tale richiesta, emettendo un provvedimento di archiviazione il 19 gennaio 2015.

Trascorsi quasi otto anni, nel febbraio 2023, il querelante presentava un reclamo avverso “l’eventuale archiviazione” presso il Tribunale di Chieti. Quest’ultimo, rilevando correttamente che la normativa applicabile era quella vigente nel 2015, trasmetteva gli atti alla Corte di Cassazione, unico organo competente all’epoca per impugnare tali provvedimenti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Sebbene la trasmissione degli atti da parte del Tribunale di Chieti fosse stata corretta, il contenuto del ricorso stesso è stato giudicato del tutto inadeguato a superare il vaglio di ammissibilità. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni del Ricorso Inammissibile

La decisione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali: il principio tempus regit actum e, soprattutto, il difetto di specificità dell’impugnazione.

L’Applicazione del Principio ‘Tempus Regit Actum’

Innanzitutto, la Corte ha confermato che il regime processuale da applicare è quello in vigore al momento dell’adozione dell’atto impugnato, ossia il 19 gennaio 2015. A quel tempo, la legge n. 103 del 2017 non aveva ancora introdotto l’art. 410 bis c.p.p., che oggi prevede il reclamo al tribunale in composizione monocratica. Secondo la normativa previgente (art. 409, comma 6, c.p.p.), l’unico rimedio esperibile era il ricorso per cassazione. Di conseguenza, la trasmissione degli atti alla Suprema Corte era proceduralmente corretta.

Il Difetto Fatale di Specificità

Il cuore della pronuncia risiede nella valutazione della genericità del ricorso. La Corte lo ha definito “palesemente esplorativo”, evidenziando come il ricorrente:
1. Non ha identificato il provvedimento impugnato: Nel suo atto, non ha indicato con precisione quale fosse il provvedimento di archiviazione contestato e da quale autorità giudiziaria fosse stato emesso. Tali informazioni sono state acquisite solo a seguito di un’attività di ricerca da parte del giudice.
2. Ha usato un linguaggio incerto: L’espressione “eventuale archiviazione” rivela che lo stesso ricorrente non era a conoscenza certa del provvedimento, lasciando intendere di non conoscerne né l’esistenza né il contenuto.
3. Non ha esposto le ragioni della decisione: Di conseguenza, non ha potuto articolare motivi specifici di critica contro le ragioni che avevano portato all’archiviazione.

Questo “difetto di specificità” rende l’impugnazione un atto meramente esplorativo, privo dei requisiti minimi richiesti dalla legge per consentire al giudice di comprendere l’oggetto della doglianza e di valutarne la fondatezza.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: un’impugnazione, per essere valida, deve essere specifica. Non è ammissibile un ricorso inammissibile e generico che costringa il giudice a un’attività di ricerca per individuare l’oggetto della contestazione. La chiarezza e la precisione sono requisiti essenziali per garantire il corretto funzionamento della giustizia.

Le implicazioni pratiche sono evidenti: la presentazione di un ricorso formulato in termini vaghi ed esplorativi non solo ne determina l’inammissibilità, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p., quando si ritiene che il ricorrente abbia agito con colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto palesemente generico ed esplorativo. Il ricorrente non ha identificato con precisione il provvedimento di archiviazione che intendeva impugnare, parlando di una ‘eventuale archiviazione’, dimostrando così di non conoscerne il contenuto e non potendo, di conseguenza, formulare motivi specifici di critica.

Quale legge processuale si applica a un’impugnazione presentata contro un provvedimento emesso molti anni prima?
Si applica la legge in vigore al momento in cui è stato compiuto l’atto originario, in base al principio ‘tempus regit actum’. Nel caso di specie, essendo il provvedimento di archiviazione del 2015, si applicano le norme processuali vigenti in quell’anno, non quelle introdotte da riforme successive.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile presentato con colpa?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile e si ritiene che sia stato presentato ‘senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’ non sia una giustificazione valida, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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